28 Ottobre ’21 – Workshop “La ricchezza di un’azienda sono e restano le persone”, Alba90 Day
28 Ottobre 2021 – Speech “La ricchezza di un’azienda sono e restano le persone”, in occasione dell’Alba90 Day – Allianz Group
28 Ottobre 2021 – Speech “La ricchezza di un’azienda sono e restano le persone”, in occasione dell’Alba90 Day – Allianz Group
Di fronte a due decisioni, una importante e una irrilevante, abbiamo la tendenza a dare la precedenza a quella banale credendo che ci vorrà meno tempo a processarla.
Sbagliando…
La tendenza a dedicare troppo tempo a questioni banali, spesso sorvolando su quelle importanti, ha un nome insolito: bikeshedding.
Il bikeshedding ci rende miopi nella allocazione del tempo, portandoci a dedicarci prima ai compiti semplici pensando che ci vorrà meno tempo per espletarli.
Se l’odg di una riunione include decidere se aprire a nuovo mercato oltreoceano e l’acquisto di nuove scrivanie, la tendenza è spesso quella di dedicarsi prima agli arredi, poiché ritenuta una decisione più semplice e veloce ma così facendo quando si arriva a analizzare i dati per una eventuale espansione si avrà a malapena il tempo sufficiente per aprire il confronto.
A spiegarlo è lo storico navale Cyril Northcote Parkinson:
“La quantità di tempo trascorso a discutere un problema, in una organizzazione, è inversamente correlata alla sua effettiva importanza nello schema delle cose”.
Ciò significa che meno un problema è importante, più tempo viene dedicato ad esso. O per dirla in un altro modo, se assegni un’ora a un compito che richiede solo 30 minuti, psicologicamente, il compito finisce per acquisire la complessità di un compito della durata di un’ora.
Per illustrare l’assunto, lo storico chiese di immaginare una riunione del comitato finanziario con un ordine del giorno in tre punti:
Il comitato finì per esaminare il primo punto in un tempo non sufficiente a prendere una decisione informata. La decisione era, per la maggior parte dei membri, eccessivamente complessa e poco sapevano sull’argomento e chi era preparato, non sapendo come spiegare i dettagli al resto del gruppo, ha finito con il complicare ulteriormente la decisione.
La discussione si sposta così sul secondo punto. Qui, i membri del comitato si sentono più a loro agio nell’esprimere opinioni. Sanno tutti cos’è un capanno per biciclette e che aspetto ha. Molti avviano così un dibattito sul miglior materiale possibile da utilizzarsi, valutando le opzioni che potrebbero consentire risparmi modesti. E finiscono con il discutere del capanno delle biciclette molto più a lungo della centrale nucleare.
Infine, la commissione passa al punto tre: il budget del caffè. Improvvisamente, tutti sono esperti. Prima che qualcuno si renda conto di cosa sta succedendo, trascorrono più tempo a discutere del budget di £ 21 per il caffè rispetto alla centrale nucleare e al capanno delle biciclette messi insieme! Alla fine, terminando il tempo a disposizione, il comitato decise di riunirsi di nuovo per completare la analisi. Tutti se ne andarono soddisfatti, avendo contribuito alla conversazione.
Parlare di biciclette è semplice, tutti hanno un’opinione al riguardo e quindi più cose da dire. Quando qualcosa è al di fuori della nostra sfera di competenza, come una centrale nucleare, non proviamo nemmeno ad articolare un’opinione. Ma quando qualcosa è appena comprensibile, anche se non abbiamo nulla di valore da aggiungere, ci sentiamo obbligati a dire qualcosa per non sembrare stupidi. Chi non ha niente da dire su una rimessa per biciclette? Tutti vogliono dimostrare di conoscere l’argomento in questione.
Qualunque sia la decisione, non dovremmo dare uguale importanza a ogni opinione. Vanno enfatizzati gli input di coloro che hanno esperienza in merito. E se siamo noi a voler intervenire, dovremmo chiederci se ciò che vogliamo dire è davvero utile e prezioso ai fini della decisione.
Avere uno scopo e un obiettivo chiaro impedisce di cadere vittime del bikeshedding.
La specificità è un ingrediente cruciale. Così facendo sarà facile rendersi conto che non è una grande idea discutere la costruzione di una centrale nucleare e di un capanno per biciclette nella stessa riunione. Non c’è abbastanza specificità.
Le opinioni più informate sono le più rilevanti. Questo è uno dei motivi per cui non è strategico invitare alle riunioni un numero eccessivo di persone presenti, se non portano valore aggiunto alla discussione. Tutti vogliono partecipare, ma non tutti hanno qualcosa di significativo da contribuire. Evita di invitare coloro che difficilmente hanno conoscenze ed esperienza pertinenti. Ottenere il risultato desiderato, una discussione ponderata e informata sulla centrale elettrica, dipende dall’avere le persone giuste nella stanza.
Utile è organizzare riunioni specifiche per tipologia di decisione da prendere. Se un problema complesso viene portato in una riunione con un lungo ordine del giorno, può perdersi tra questioni banali. Se è l’unico punto all’odg, sarà difficile evitare di parlarne.
A causa del COVID-19, le riunioni Zoom sono diventate la nuova normalità e potrebbero essere di supporto nel contrastare il bikeshedding.
Zoom versione base infatti consente riunioni gratis di 45 minuti: questo è un antidoto perfetto. Sapere che si ha solo 45 minuti per la riunione può aiutarci a rimanere concentrati sulle questioni importanti. Zoom ci dà anche promemoria di quanto tempo è rimasto, il che significa che se la discussione è andata fuori strada, questi promemoria possono aiutare a riportare il gruppo sulla questione importante.
Il bikeshedding descrive la nostra tendenza a passare troppo tempo a discutere di questioni banali e, di conseguenza, troppo poco tempo a discutere di questioni importanti. Descrive la relazione inversa tra il tempo trascorso e l’importanza di un problema.
Si verifica perché è molto più facile discutere questioni semplici che comprendiamo adeguatamente. Nei contesti di gruppo, spesso cerchiamo di esprimere le nostre opinioni come un segno di partecipazione e abbiamo maggiori probabilità di parlare di un problema relativamente semplice perché è scoraggiante discutere di un argomento complicato, anche se è più importante.
Il bikeshedding può essere evitato cercando di rimanere in tema. Per rimanere concentrati su questioni importanti, possiamo optare per riunioni con un unico punto all’odg; questo rende meno probabile che si vada fuori strada, o ancora, assegnare una persona specifica che tenga conto del tempo a disposizione. Un altro modo è limitare la partecipazione alla riunione alle persone strettamente necessarie.
Uno degli errori più ricorrenti quando si applicano interventi di change management è concentrarsi unicamente sul cambiamento che si vuole ottenere trascurando l’impatto che questo ha sulle persone che lo subiranno.
Se si è troppo concentrati sul piano di azione e poco sulle persone, ci sono buone possibilità che il progetto fallisca.
Uno dei modelli più utili allo scopo è quello di William Bridges.
Creato dal consulente organizzativo William Bridges, questo modello ha la peculiarità di fare una distinzione tra cambiamento e transizione.
Bridges ha descritto il cambiamento come “un evento esterno che si verifica“. Ad esempio, l’adozione di un nuovo software o il lancio di un nuovo prodotto.
Ciò che le persone attraversano durante questo cambiamento esterno è una “transizione” interna. Il modello di transizione di Bridges si concentra sul processo psicologico che vivono le persone durante il cambiamento e consta di tre fasi.
Se gli step di transizione non vengono affrontati e gestiti, la resistenza al cambiamento può far deragliare il progetto o non produrre il risultato finale desiderato.
Un aspetto chiave è dato dal fatto che l’obiettivo di un progetto di change management di successo non dovrebbe essere il risultato del cambiamento, ma la fine del vecchio processo che le persone devono affrontare all’inizio di quel cambiamento .
Pur essendo simile al modello Lewin, il modello di Bridges è più incentrato sull’individuo e sulle tante emozioni (sia negative sia positive) che possono accompagnare un cambiamento organizzativo.
L’obiettivo è che coloro che facilitano il cambiamento comprendano e affrontino eventuali emozioni negative in modo che possano rimuovere le barriere al cambiamento.
Una volta che sai cosa stanno attraversando le persone, come puoi utilizzare il modello Bridges per facilitare il cambiamento?
COMUNICAZIONE
E’ importante che le persone sappiano quale ruolo svolgono nel cambiamento, in modo che si sentano incluse e apprezzate. Comunicaglielo.
FEEDBACK
Dai alle persone la possibilità di esprimere ciò che sentono riguardo al cambiamento. Entrare in contatto con gli stakeholder, durante il progetto di cambiamento, può aiutarti a essere consapevole in quale fase del modello Bridges si trovano. Ciò ti consentirà di affrontare i sentimenti negativi che potrebbero impedir loro di abbracciare il cambiamento.
MONITORAGGIO
Segui le persone mentre attraversano le tre fasi del modello Bridges in modo da sapere quali piani d’azione potrebbero dover essere messi in atto per gestire la resistenza al cambiamento.
E ricorda, le persone non resistono al cambiamento. Resistono a essere cambiate.
Nudge Revolution alla Fiera del libro di Torino
Abbiamo tutti dei segreti.
Potrebbe essere quello di sapere che la promozione promessa a un collaboratore sarà disattesa; il trasferimento in un altro dipartimento non sarà bloccato, il tempo determinato non sarà rinnovato, e via dicendo.
Qualunque sia la decisione, prima di poterla comunicare talvolta occorre tenerla segreta, autocensurarsi, far buon viso a cattivo gioco, adattarsi… E non tutti riescono ad accettarlo.
D’altra parte però, decenni di studi scientifici, dimostrano che spesso preferiamo non smascherarli i segreti, perché incrinerebbero (finchè durano) il nostro bisogno di falso controllo. Fintanto che fingo di non vedere, il problema non esiste, l’effetto struzzo nel pieno delle sue potenzialità.
Celare la verità ha dei costi su prestazioni e benessere.
Il 97% delle persone coinvolte in uno studio, ha in media 13 segreti che riguardano il posto di lavoro, come licenziamenti o promozioni in sospeso, vita personale e famiglia[1].
Due sono i principali danni a cui si può andare incontro:
∑ Danneggia il benessere. L’energia per resistere, autocensurarsi, pensieri ossessivi e ansia nell’anticipare cosa sarebbe successo quando il segreto sarebbe stato rivelato non fanno bene alla salute.
∑ Danneggia la concentrazione e il processo decisionale: quando si è distratti da un segreto non si è completamente presenti, con la conseguenza che l’irrazionalità avrà vita più facile.
∑ L’amigdala è super irritabile, pronta a mettersi in azione, con tutto ciò che ne consegue
∑ L’ippocampo, a causa dello stress da eccesso di cortisolo, è compromesso con una ripercussione su apprendimento, memoria e sistema immunitario,
∑ La corteccia prefrontale è offline a causa dell’iperattività della amigdala, quindi la capacità di comunicare, collaborare, innovare saranno limitate.
Per molti, avere dei segreti, è utile. Una necessità che sovrasta ampiamente la difficoltà di dover mentire.
Una ricerca di Glassdoor, condotta nel Regno Unito, ha rivelato che il 44% degli intervistati dice di mentire per evitare di mettersi nei guai e il 34% per nascondere gli errori commessi[2].
Il 40% del campione, lo fa perché è “più facile essere d’accordo con la maggioranza” e il 24% perché al manager o ai colleghi non piace sentire opinioni diverse dalle loro.
Il 17% ha affermato di aver mentito perché si sentiva a disagio nel dare un feedback onesto ai colleghi.
Il 72% del campione ha detto che l’autenticità sul lavoro permette di creare una cultura solida e il 77% che questa favorisce le relazioni tra colleghi e clienti, ma solo il 51% crede che i loro CEO e manager siano autentici.
Scandagliando i dati scientifici, l’unica verità sembra essere che tutti mentano e celino segreti. Qualcuno ci riesce meglio di altri. D’altronde viviamo in un tempo in cui la bugia e l’inganno sono sempre più tollerate e non rappresentano un’eccezione, anche se questo costa molti soldi.
Secondo i dati dell’Association of Certified Fraud Examiners, in media ogni società perde il 5% dei guadagni annuali a causa di frodi, per un totale di circa 3.5 trilioni di dollari ogni anno. Le ricerche hanno determinato che ogni giorno, ogni individuo può ricevere dalle 10 alle 200 informazioni false. Un americano su quattro ritiene ammissibile mentire a un assicuratore, un terzo dei curriculum sono “aggiustati”. Un lavoratore su cinque dice di essere a conoscenza di frodi nel suo ambiente professionale ma non le riporta ai superiori.
Secondo Marcus Buckingham[3] e Ashley Goodall[4], NOVE sono le bugie a cui tutti, indistintamente, piace credere[5]:
∑ Alle persone importa per quale azienda lavorano
∑ A vincere è la migliore pianificazione
∑ Le migliori aziende lavorano su obiettivi
∑ I migliori talenti hanno un profilo completo
∑ Le persone hanno bisogno di feedback
∑ Le persone possono valutare altre persone in modo affidabile
∑ Le persone hanno un potenziale
∑ La cosa più importante è il work-life balance
∑ La leadership ha caratteristiche precise
L’esperienza di una persona in un’azienda è influenzata soprattutto dalle relazioni individuali. Per questo, è più importante il comportamento del proprio referente rispetto a un’astratta cultura aziendale che non si può verificare sulla propria pelle. La cultura aziendale è, secondo gli autori, un’utile convinzione condivisa che serve a orientare il comportamento di tutti.
Riguardo al talento, la convinzione è che chi ce l’ha sia concentrato su uno o due punti di forza. Il miglior nuotatore, il miglior calciatore o il miglior manager, sono coloro che hanno alcuni talenti precisi limitati a un’area specifica. Prendiamo Messi, che fa tutto con il piede sinistro. Chissà, forse con il destro sarebbe solo uno dei tanti.
Per capire i punti di forza di una persona? Non affidatevi alle review tra colleghi perché le persone semplicemente non sanno giudicare altre persone: troppi pregiudizi, troppi punti di vista parziali e poca chiarezza su cosa c’è da valutare. Per non parlare dei feedback: evitateli perché fanno cascare nell’errore di cercare di cambiare le persone invece di cambiare le situazioni e i contesti che portano problemi.
Lapidari i due ricercatori, mi piace credere che gli esseri umani siano meglio di così. Che sia, il mio, un bisogno di celare a me stessa la verità?
∑ Comunicare che nella propria sfera di influenze non c’è spazio per la menzogna è un buon modo, un nudge che diventa un impegno, se fatto nel modo giusto. A cui si aggiunge dare il buon esempio.
∑ Non confondere il segreto con la bugia. Il costo dei segreti ha un prezzo emozionale e psicologico, tutti paghiamo per gli inganni, direttamente o indirettamente.
∑ Ricordarsi che ci si può proteggere tenendo a mente che una bugia non ha potere. Ne acquista nel momento in cui qualcuno decide di crederci. E se fossi tu a volerci credere a tutti i costi, quale bisogno credi così di soddisfare (e problema procrastinare)?
Queste ti sembrano soluzioni a basso impatto e magari anche banali? Forse, ma essere consapevoli di cosa spinge a mentire o a tenere un segreto è qualcosa che non trascurerei.
Quali (s)vantaggi ha sulla mia serenità e benessere, sul mio lavoro e sulla mia carriera? Cosa penso di ottenere o di evitare? Cosa rispondi?
Tutto ha un prezzo. Spetta a ognuno di noi dargli un valore e tenerlo a mente quando saremo di fronte a una scelta.
[1] Slepian ML, Chun JS, Mason MF. The experience of secrecy. J Pers Soc Psychol. 2017 Jul;113(1):1-33.
[2] http://hrnews.co.uk/half-of-employees-have-lied-at-work/
[3] https://www.marcusbuckingham.com
[4] https://www.ashleygoodall.com
[5] https://www.amazon.it/Nine-Lies-about-Work-Freethinking-ebook/dp/B07C3ZT28C
Quanto ti condiziona la paura al lavoro?
Forse è il lieve, impercettibile timore di non essere in grado di raggiungere, in tempo, il prossimo obiettivo.
Forse è il timore più cosciente che il progetto che stai portando avanti mancherà una scadenza.
Forse è la paura che la soluzione che hai suggerito, potrebbe essere sbagliata.
Le Neuroscienze ci insegnano che la paura attiva l’amigdala in 0,07 secondi. Più forte è l’innesco, meno siamo in grado di accedere alla corteccia prefrontale, la sede del processo decisionale ragionato, dell’innovazione, dell’empatia e di altri aspetti del pensiero che apportano il massimo valore a ciò che stiamo facendo.
Quando il nostro pensiero è guidato dalla paura, consapevole o meno, non diamo il meglio di noi stessi non perché non lo vogliamo, ma perché il nostro cervello ce lo impedisce.
La sicurezza psicologica è l’antidoto alle strutture organizzative tossiche e basate sulla paura, oggi ancora così prevalenti, sostiene Amy Edmondson, professoressa alla Harvard Business School:
La sicurezza psicologica è la convinzione che posso portare me stesso al lavoro. È il sapere che la mia voce sarà accolta, che non sarò umiliato o fatto sentire in difetto se pongo domande, anticipo preoccupazioni e sottolineo errori rilevanti per il lavoro[1].
La ragione per cui questo è così importante oggi, afferma Edmondson, è perché viviamo in un mondo in cui la conoscenza, l’intuizione e l’esperienza sono la valuta e la fonte della creazione di valore. Se ho conoscenza ma non posso usare quella conoscenza o esprimere quella conoscenza perché mi sto trattenendo per qualche motivo, allora il valore è perso.
Un altro professore della Harvard Business School, James L. Heskett, ha affermato che:
La paura inibisce l’apprendimento e la cooperazione e favorisce un’epidemia di silenzio. La sicurezza psicologica, d’altra parte, porta a maggiore apprendimento, prestazioni e mortalità ancora più bassa.
Ecco alcune strategie per contrastare la paura sul posto di lavoro
Un parte del successo di una organizzazione sta nell’avere un clima aziendale che non ridicolizza, zittisce o intimidisce le nuove idee (per quanto cattive possano essere), non limita la sperimentazione, l’espressione del pensiero critico, ma consente a queste cose di essere una parte fondamentale del processo di lavoro.
Se hai un ruolo di responsabilità, inizia a lavorare per eliminare la paura nella tua squadra e nella tua azienda.
Se dai consigli a chi ricopre ruoli di leadership e di gestione, insegna loro come eliminare la paura in coloro di cui sovrintendono il lavoro e aiutali a capire perché è importante farlo.
E se ti ritrovi a vivere in uno stato costante di paura sul posto di lavoro, esamina se è il momento di trovare un’opportunità professionale diversa, o il rischio è che quella paura finisca per essere con te, anche in molti altri contesti non lavorativi.
[1] Work and life with Stew Friedman (podcast)
[2]Edmondson A.C., The Fearless Organization, Wiley, 2021
E questi alcuni sono facili da riconoscere: sono coloro che di fronte a un mondo incredibilmente complicato, sono intimamente convinti di capire come funziona. Tutto.
Voleva compiere un esperimento: si chiese se le persone infartuate avessero migliori possibilità di guarigione post infarto, in ospedale o a casa.
“Ho i risultati preliminari che non sono significativi statisticamente. Ma qualcosa abbiamo. Ho scoperto che voi avete ragione e io ho torto. E’ pericoloso per i pazienti riabilitarsi a casa. Dovrebbero rimanere in ospedale”.
“Te lo avevamo detto che eri immorale, uccidi le persone per fare esperimenti clinici. Ora devi stare zitto”.
“E’ molto interessante signori, perchè quando vi ho dato le due tabelle ho invertito i risultati. Ho scoperto che i vostri ospedali stanno uccidendo le persone, e che i pazienti dovrebbero stare a casa. Volete sospendere gli esperimenti adesso o volete aspettare di avere risultati più significativi?”.
“Qui nel mio piccolo mondo, sono un Dio, capisco tutto. Non voglio che le mie opinioni vengano sfidate. Non voglio che le mie conclusioni siano messe alla prova”.