QUANDO a venir SCREDITATA è la PERSONA, NON ciò che DICE: la fallacia ad hominem

C’è chi, anziché affrontare l’argomento di discussione, attacca la persona che lo sostiene. Attuando una vera e propria strategia della retorica utile a deviare il dibattito dal contenuto sostanziale alla caratterizzazione personale.

Di fatto, questa tattica serve ad allontanare dal tema del confronto contestando non l’affermazione dell’interlocutore ma l’interlocutore stesso. Strategia che prende il nome di fallacia ad hominem o ad personam (argomento contro l’uomo)

QUALCHE ESEMPIO

A: “Penso che la crisi climatica e l’inquinamento siano i maggiori problemi che abbiamo al momento, se non li risolviamo al più presto ci saranno gravi conseguenze per tutti noi.” B: “Certo, parli te che non fai nemmeno la raccolta differenziata?”

A:Tu sostieni che Dio non esiste, ma tanto non capisci niente!” B: “Secondo te Dio esiste? Beh, perché sei ignorante!”

Come già per la fallacia dell’uomo di paglia, anche questa fallacia è abusatissima nel dibattito politico. Basti pensare quanto spesso, in campagna elettorale, i candidati criticano gli avversari non tanto per le loro idee presenti nel programma, quanto più per le persone che sono per la loro carriera lavorativa o altre loro scelte personali.

A: «In una condizione economica come quella attuale, bisognerebbe aumentare il deficit pubblico per sostenere il sistema privato in ginocchio».

B: «Il collega deputato non ha alcun titolo accademico per argomentare in maniera credibile su questi temi».

COME RICONOSCERE LA FALLACIA AD HOMINEM

  • Attacco personale: l’argomento si concentra sulle caratteristiche personali o sulla credibilità dell’individuo piuttosto che sul merito dell’argomento?
  • Deviazione dal tema: l’attenzione è stata deviata dall’argomento originale per concentrarsi su aspetti irrilevanti della persona?
  • Assenza di contraddittorio: non vengono fornite prove o argomenti per contraddire la posizione avversa, ma solo attacchi personali?

In sintesi:

–        La persona A fa l’affermazione X

–        La persona B fa un attacco alle circostanze di A

–        Quindi X è falsa

Rispondere a un’argomentazione attaccando chi la pone può essere molto facile. Tuttavia, è meglio resistere a questa tentazione. Perché, anche se, a prima vista, può sembrare una risposta coerente, dato che B mette in mostra una presunta ipocrisia di A, in realtà questa non è l’oggetto della discussione, dunque è irrilevante. B dovrebbe, invece, rispondere nel merito dell’argomentazione proposta, dichiarando la sua visione del tema e supportandola con altre argomentazioni.

Domande per smascherare la fallacia

  • Gli attacchi personali sono pertinenti all’argomento in discussione?
  • Sono state affrontate le premesse o le conclusioni dell’argomento avversario?
  • Gli attacchi personali sostituiscono un contraddittorio valido?

Modi per controbattere la fallacia

  • Ricondurre al merito: riportare la discussione al merito dell’argomento originale, ignorando o minimizzando gli attacchi personali.
  • Richiedere argomenti: sollecitare l’interlocutore a fornire argomenti validi invece di attacchi personali.
  • Evidenziare la fallacia: identificare esplicitamente l’uso della fallacia ad hominem come una deviazione dal dibattito razionale.

SOTTOCATEGORIE

Da questa fallacia argomentativa possono derivare delle sottocategorie, vediamone quattro:

AD HOMINEM ABUSIVO. È il caso in cui la controparte, in un dibattito, viene insultata, derisa o ne vengono sminuite le capacità. Come l’ad hominem classico, ciò viene fatto con lo scopo di distrarre e provocare l’avversario, che si sentirà in dovere di difendersi dalle accuse, sviando il discorso dall’argomento principale.

  • Di fatto: la tesi X è sostenuta da A. Ma A ha qualche caratteristica particolarmente negativa. Dunque, si può dubitare fortemente di X.
  • Sei una capra ignorante! (Vittorio Sgarbi ai suoi interlocutori)
  • Non prendo lezioni di vita da uno come te. Sei un pessimo soggetto. Pertanto, i tuoi consigli pedagogici li ignorerò.

AD HOMINEM CIRCOSTANZIALE. Qui vengono prese delle circostanze che riguardano l’avversario per essere usate contro di lui, rigorosamente irrilevanticon l’argomento della discussione.

  • “Ma certo, è proprio ciò che ci si aspetta da uno come te!”
  • “Rousseau è stato un pessimo padre. Perciò, non seguirò i suoi consigli pedagogici”.
  • “Aristotele ebbe schiavi. Non possiamo dunque accettare la sua etica”.

AVVELENAMENTO DEL POZZO. In questo caso, chi sceglie di avvelenare il pozzo decide di giocare d’anticipo e di attaccare la persona ancor prima che questa abbia potuto esprimere il suo parere.

“Solo un assassino potrebbe dichiararsi favorevole all’aborto!”

In questo modo, è come se l’interlocutore posizionasse una trappola nel momento in cui esprime la sua tesi, aspettando solo che l’interlocutore ci caschi.

Un’accusa così forte (chiamare “assassino” chi è favorevole all’aborto), infatti, ha tutto il potenziale per sviare l’oggetto della discussione verso la morale della vittima dell’accusa piuttosto che sul tema principale.

  • Non starlo a sentire, è un poco di buono.”
  • Prima di dare la parola al mio avversario, vi chiedo di ricordare che quelli che si oppongono ai miei progetti non hanno a cuore il bene dell’università… azienda… ecc..
  • Non preoccuparti di quello che dice; è solo un fallito nella vita.”

Questa fallacia, può tradursi nella diffusione di informazioni negative, vere o false che siano, contro il proprio interlocutore, che suggeriscono ad esempio che egli è pazzo, incompetente o, in passato, ha esibito comportamenti disdicevoli, minando, dunque, alla fonte la sua credibilità. La conclusione implicita, in questi casi, è che qualsiasi cosa l’interlocutore affermi, non è accettabile in quanto egli è pazzo, incompetente, ecc. Come fidarsi del resto di qualcuno che possiede quelle caratteristiche negative?

L’avvelenamento del pozzo è una strategia ampiamente utilizzata nei dibattiti contemporanei. In ambito politico, etichettare l’avversario in base alla appartenenza ideologica o partitica serve a decapitarne le tesi sul nascere. Un’accusa di “comunismo” o “fascismo”, precedente a ogni discussione nel merito, può valere a insinuare dubbi e sospetti nei confronti di qualsiasi tesi avanzata dall’interlocutore. È evidente come ciò non consenta di valutare un’iniziativa per i suoi meriti dal momento che l’alone negativo dell’appartenenza politica inibisce ogni seria considerazione della proposta.

Lo stesso avviene se si muove un’accusa di interesse al proprio avversario. Colore della pelle, orientamento sessuale e religioso, provenienza geografica, attività svolta: sono solo alcuni degli elementi su cui è possibile far leva per avvelenare il pozzo della contesa.

TU QUOQUE O APPELLO ALL’IPOCRISIA. Le parole attribuite a Giulio Cesare in punto di morte danno il nome a quest’ultima sottocategoria. Commettiamo questa fallacia quando ci difendiamo da una critica rigirandola verso l’altra persona:

A: “Sai che fumare fa molto male alla salute, dovresti smettere.”

B: “Parli proprio tu che dormi poco, mangi male, sei sempre stressato e non fai attività fisica?”

  • I politici cattolici difendono la famiglia. Eppure, molti di essi sono pure divorziati…
  • Il mio barista mi parla così tanto di onestà e onestà e poi non mi fa neppure lo scontrino.

La critica che B muove ad A sposta l’attenzione dall’oggetto iniziale della discussione pur essendo, di fatto, irrilevante (le pessime abitudini di B non hanno nulla a che vedere con la dipendenza dal fumo di A).

Si ricorre a questa fallacia per giustificare le proprie azioni menzionando azioni analoghe compiute da altri: si cerca cioè di screditare la posizione di un avversario asserendo la sua incoerenza nel mantenere detta posizione. È infatti impiegata come efficace specchietto per le allodole in quanto toglie la patata bollente dalle mani dell’accusato chiamato a difendersi, spostando il bersaglio sulla persona che ha fatto la prima accusa.

Spero che questa breve carrellata sia stata utile a fornire qualche utile strumento per meglio gestire confronti e negoziazioni critiche. Alla prossima fallacia…

NON LASCIARTI SCREDITARE dall’UOMO di PAGLIA e dagli ERRORI di RAGIONAMENTO

Ci sono persone che, quando parlano, hanno la capacità di portare il #discorso laddove vogliono loro, lasciando poco spazio all’interlocutore di turno. Senza perdersi in dissertazioni sul fatto che si tratti di #persuasione o #manipolazione, ciò che più spesso si dimentica è che lo stesso #potere è disponibile all’uso di entrambi gli interlocutori. E la cosa che più ancora dovrebbe far riflettere non è nemmeno tanto che compaiono discorsi poco veritieri e corretti, ma che non si sappia individuarli e neutralizzarli.

Ecco perché conoscere gli inganni discorsivi serve a scoprirli, evitarli e utilizzarli a proprio piacimento, quando serve.

Di inganni discorsivi, o più tecnicamente #fallacie, ce ne sono molti. Uno dei più comuni è la fallacia dell’uomo di paglia o straw man fallacy.

COSA SONO LE FALLACIE

Le fallacie sono errori nella formulazione di un ragionamento che rendono le argomentazioni non valide dal punto di vista logico: sono di fatto le frasi che impediscono a una discussione – pubblica o privata, a tavola o per iscritto, in famiglia o in contesto aziendale e politico, ecc – di progredire logicamente e, di fatto, rendono la conversazione inutile.

Spesso nascoste, talvolta utilizzate di proposito, hanno l’intento di ingannare chi ascolta e convincerlo che chi parla ha ragione: per questo sono molto frequenti, per esempio, nel dibattito politico, nei contesti sociali e religiosi.

La fallacia dell’uomo di paglia è una delle più utilizzate.

STRAW MAN FALLACY

È una tesi che una persona, in una discussione, attribuisce all’interlocutore, malgrado quest’ultimo non l’abbia sostenuta. La tesi è una forzatura volutamente assurda, sciocca o falsa, in modo da essere facilmente contraddetta.

Ecco un esempio:

Mario sostiene che “la pena di morte è ingiusta”.

Il suo oppositore, Andrea, risponde che “Mario sostiene che non bisogna punire gli assassini”.

In realtà Mario non ha mai sostenuto che non bisogna punire gli assassini, ma Andrea gli ha attribuito questa opinione e ora Mario dovrà affannarsi a dire che non è vero, ripartendo da una posizione svantaggiata.

È evidente il tentativo di cattiva argomentazione, contenente una fallacia: un errore argomentativo nascosto, di solito costruito ad arte. Trucco molto abusato che funziona pressoché sempre in quanto costringe l’ingannato, nel nostro esempio Mario, a una smentita che facilmente risulta debole o irritata e a quel punto ecco un altro trucco da bambini: “se ti irriti, allora è vero”!

Dare un nome al giochino è utile perché permette, una volta che sia noto e condiviso, di definirlo e smontarlo all’istante!

COME SI STRUTTURA LA FALLACIA

o   Una persona solleva l’argomento “A”.

o   Il suo avversario lo distorce e lo sostituisce con l’argomento “B”. Che è simile, ma fuorviante.

o   La prima persona confuta l’argomento “B”.

o   Quindi, poiché ha equiparato i due argomenti, dà l’impressione che anche “A” sia stato confutato.

Chi si avvale di questo trucco vuole:

  • Travisare l’argomentazione dell’interlocutore
  • Esagerare e distorcere l’argomento per rendere più facile la confutazione
  • Distogliere l’attenzione dalla reale tesi dell’interlocutore

Altri esempi (classici)

A: Sono d’accordo con la legalizzazione della marijuana.

B: In modo che tutti diventino dipendenti e il traffico di droga aumenti?

A: È importante avere una dieta equilibrata e sana.

B: Quindi continuiamo a uccidere animali innocenti.

A: Penso che dovresti modificare questo articolo.

B: Perché mi dici sempre che non scrivo bene?

COME CONFUTARE L’UOMO DI PAGLIA

Il modo migliore è anticipare l’interlocutore/avversario e offrire un argomento il più chiaro e preciso possibile.

Se la fallacia viene ignorata e l’avversario continua a insistere con la sua argomentazione volutamente travisata, è molto probabile che vinca la discussione. Inoltre, se difendi ciò che ha affermato l’avversario, sarà sempre più difficile provare la distorsione che era nel suo punto di vista.

Pertanto, la strategia più conveniente si basa sulla prevenzione. Ecco perché, per giocare di anticipo, occorre esprimere il punto di vista o le diverse argomentazioni nel modo più chiaro possibile, senza lasciare spazio a fraintendimenti.

Un’altra tattica è indicare l’uomo di paglia. Chiamare cioè in causa l’avversario per l’uso che fa dalla fallacia, spiegando perché il suo argomento è errato e come sta distorcendo la tua posizione originale. Si può inoltre metterlo sulla difensiva chiedendogli di giustificare perché crede che la posizione distorta che presenta sia la stessa che hai proposto tu originariamente.

Poiché le due posizioni sono diverse, il tuo interlocutore sarà costretto ad ammettere che il suo argomento non era valido, oppure cercherà di giustificarlo usando un ragionamento ancora più fallace, che puoi quindi attaccare.

In taluni casi si può ignorare la versione distorta del tuo argomento presentata dall’avversario e continuare a sostenere la posizione originale. Continuare però a concentrarsi sull’uomo di paglia richiederà, con molta probabilità, di dover smascherare la fallacia usata dalla controparte.

Insomma, seppur non sia facile non cadere nella trappola, iniziare con il riconoscerla più essere un vantaggio non da poco che vale la pena allenarsi a intercettare. Oltre il fatto che ci dirà molto del nostro interlocutore… e non è poco di questi tempi.

Bibliografia

D’Agostini F., Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, 2010.

Bermejo Luque L. Falacias y Argumentacion, Editori Plaza e Valdés, 2014.

Hamblin C.L. Fallacies, Advanced Reasoning Forum, 2022

https://www.researchgate.net/publication/316138189_Le_fallacie_argomentative_tra_logica_e_dialettica