QUANDO la MEMORIA gioca BRUTTI SCHERZI: l’effetto MANDELA

La memoria talvolta gioca brutti scherzi. Come quando ricordiamo qualcosa che in realtà non è mai accaduto o ricordiamo qualcosa parzialmente non vero su qualcosa che è successo.

Questo scherzo prende il nome di effetto Mandela e si verifica quando un ricordo comune a un gran numero di persone, altro non è che una distorsione creata dalla memoria collettiva. La ricostruzione, riportata nella mente di molti, corrisponde infatti a un evento che non si è mai verificato nella realtà o a un particolare visivo che non è mai esistito. Estranei sparsi per tutto il globo condividono, in pratica, un ricordo totalmente errato.

Questi ricordi falsati vengono anche detti “menzogne oneste” perchè sono diffuse senza alcun dolo: chi le porta avanti è infatti totalmente convinto di dire la verità.

Il nostro cervello è capace di ricordare parte di un avvenimento del passato e colmare i vuoti con qualcosa di non vero ma plausibile, purché abbia un senso logico. La particolarità dell’effetto Mandela è che non riguarda un solo individuo ma interessa più persone, a volte anche gruppi numerosi.

Perché si chiama così

Il nome deriva da un episodio risalente al 2009. In occasione di una conferenza, la ricercatrice Fiona Broome parlò con un addetto alla sicurezza della morte di Nelson Mandela, descrivendola come fatto avvenuto durante gli anni ‘80 mentre l’ex presidente del Sudafrica si trovava in prigione. L’addetto alla sicurezza disse alla donna che Mandela non solo non era morto durante la prigionia ma era ancora in vita; il presidente sudafricano morì infatti quattro anni dopo, nel dicembre 2013. Broome ricordava però nei dettagli la morte di Mandela, incluso il discorso della vedova. Tornata nella sala della conferenza, chiese al pubblico la loro versione dei fatti. Il risultato fu curioso, poiché buona parte dei partecipanti ricordava la versione della donna. Poiché questo ricordo era condiviso da altre persone e non solo da Broome, nacque il termine di effetto Mandela e, negli anni successivi, in molti cercarono di dare una spiegazione al fenomeno.

Esempi

Tra gli esempi più comuni troviamo i falsi ricordi legati a citazioni tratti da film o cartoni animati. Molti sono convinti che la strega di Biancaneve allo specchio dica Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? In realtà, la strega dice Specchio, servo delle mie brame. In questo caso è possibile che, trattandosi di un cartone animato, molti bambini non sapessero il significato della parola “servo” e che l’abbiano sostituita con “specchio” creando una memoria collettiva diversa dalla realtà.

Un meccanismo simile può spiegare il fatto che ricordiamo che il costume di Topolino avesse le bretelle, in realtà non le ha.

Un fatto curioso classificato come effetto Mandela è quello che riguarda l’uomo che bloccò i carri armati in Piazza Tienanmen nel 1989; molte persone sono convinte sia stato poi investito e ucciso ma altri video dell’epoca mostrano l’uomo illeso.

Un altro noto esempio dell’effetto Mandela riguarda la battuta che apre Blade Runner Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare, non sarebbe mai stata pronunciata in questo modo, ma Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi.

Altri esempi di effetto Mandela sono legati a una semplificazione nel percepire le immagini: il logo Looney Toons è in realtà Looney Tunes; Flintstones è scritto proprio così e non Flinstones, la celebre serie TV è Sex and the city e non Sex in the city e la W del logo della casa automobilistica Volkswagen ha un trattino in centro, che la maggior parte di noi non ha mai notato.

Sul logo delle scarpe Air Jordan, il campione di pallacanestro è raffigurato con i pantaloni lunghi. Eppure, sono tanti quelli che potrebbero giurare di aver visto lo stesso logo in cui Michael Jordan indossa i pantaloncini. Questa versione alternativa dell’immagine, però, non è mai esistita se non nella mente dei fan.

Le cause dell’effetto Mandela

La scienza ritiene che l’effetto Mandela sia una sorta di scorciatoia cognitiva intrecciata all’interpretazione della realtà. Nel caso che regala il nome al fenomeno, ad esempio, è più semplice legare la dipartita di Mandela a un evento traumatico che lo ha riguardato, come appunto è la detenzione. La nostra mente, quando non ha una conoscenza diretta di un fatto storico, tenta di ricordare la sequenza di eventi più plausibile e probabile.

E voi come ve la cavate con l’effetto Mandela?