COSA vuol dire ESSERE uno SCRITTORE? DISSERTAZIONI fra un GHOST (io) e un CLIENTE
“Cosa vuol dire essere uno scrittore?”, mi chiede un cliente per il quale sto scrivendo la biografia.
Bella domanda dalla risposta complessa. Il sole ci cuoce la pelle, tormentando i sensi.
Lascio la parola a Murakami: “Quando si cerca di entrare in un campo che non è il proprio, qualunque esso sia, non si è visti di buon occhio dalle persone che vi appartengono, e che tendono a impedirne l’accesso, come i globuli bianchi cercano di eliminare dal corpo i microorganismi estranei. Poi queste stesse persone finiscono per accettare tacitamente chi insiste imperterrito e ammetterlo tra i propri ranghi con l’aria di dire – Cosa ci possiamo fare? – ma per lo meno all’inizio sono molto diffidenti. Più un campo è ristretto, specialistico e prestigioso , più l’orgoglio e l’esclusivismo sono forti e cresce al resistenza ad accogliere gente nuova. “
Essere uno scrittore è cosa ardua, ancora più difficile è rimanerlo. Nel tempo. Tutti possono scrivere un bel libro, ma pochi hanno le carte in regola per rimanere nel club esclusivo degli scrittori affermati. Un club che richiede un dazio molto alto e non tutti vogliono o possono pagarlo.
Le REGOLE di SCRITTURA di MURAKAMI
Murakami ha scritto il suo primo romanzo a 30 anni, e poi non ha più smesso, resistendo alle critiche, ai premi mancati, ai commenti distruttivi. Ha puntato sull’originalità, sovvertendo il sistema: scrive in inglese, poi traduce in giapponese. Per questo i suoi libri sembrano scritti con uno stile da “lingua tradotta”…
E’ ossessivo. Cerca i dettagli, quelli inconsueti, interessanti, incoerenti e da lì parte per scrivere le sue storie.
Scrive ogni giorno, 4 o 5 ore senza sosta. Nella solitudine di una stanza, dinanzi a un foglio bianco. Percorrendo se stesso, nel bene e nel male. Conscio che è attraverso la propria nudità che si trovano le storie da raccontare. La vulnerabilità, mi piace pensare sia, una faccia della creatività.
Non scrive per commissione, per fama o per dimostrare qualcosa Murakami. Scrive perché ama farlo e lo sa fare bene. Giorno dopo giorno, anche quando nessuno ci crede.
Questo è soprattutto ciò che mi ha insegnato la scrittura: scoprire se stessi in se stessi, senza proclami, acclamazioni e palchi posticci e traballanti montati per far soldi e non per segnare la storia. Qualunque essa sia.