METTETE FIORI nei VOSTRI CANNONI… NUDGE in TEMPI non SOSPETTI.

Un mattino gli automobilisti di Bogotà (Colombia) trovarono ai semafori gruppi di clown che piangevano se non ci si fermava con il rosso e che danzavano, offrendo fiori, se si rispettavano le regole.

Ecco uno fra gli esperimenti più noti e riusciti dell’applicazione della politica del cambiamento sociale (un nudge nel vero senso della parola), il cui scopo era prendere apertamente in giro gli automobilisti indisciplinati, rappresentando sul palcoscenico reale della strada cosa volesse dire osservare le regole.

Un esempio che fa riflettere sull’intero sistema normativo, anche italiano: il codice stradale è fondato sull’idea dell’evitare la pena. Ma scappare da una punizione è un’azione di breve respiro, che non porta a modificare i propri comportamenti nel lungo termine. Cosa accadrebbe se, invece di essere puniti per aver infranto delle norme, venissimo premiati per la buona condotta?. Saremmo indotti a proseguire il comportamento virtuoso.

L’idea, spetta all’eclettico filosofo e pedagogo Antanas Mockus, già sindaco di Bogotà, che applicò con successo le teorie sociali nella gestione urbana, in una metropoli di 6 milioni e mezzo di abitanti, piagata da criminalità, traffico e inquinamento. L’azione di mandare dei clown a dirigere il traffico, per i suoi buoni risultati, venne replicata anni dopo, nel 2011, da Carlos Ocariz, capo della Municipalità di Sucre, una delle aree più povere di Caracas (Venezuela).

Applicare le teorie sociali, significa applicare le scienze del comportamento, che hanno portato dapprima allo sviluppo della Behavioral Economics (economia comportamentale) e poi alla nascita dei Nudge team, o Behavioral insight team ossia gruppi di esperti in supporto all’operato governativo e/o privato.

I Nudge team hanno il compito di esplorare, misurare, raccogliere dati, valutare e applicando il metodo scientifico, facilitare, ovvero spingere, indirizzare gentilmente le decisioni delle persone verso opzioni di scelta più in linea con i loro valori, tutelando al contempo la loro libertà di scelta.

La spinta gentile (nudge) può essere applicata in infiniti ambiti: dalla alimentazione alla gestione del traffico, dalla lotta alla evasione fiscale all’aumento della percentuale degli elettori che si recano alle urne, fino ad un più consapevole rapporto con l’ambiente.

Un esempio di politiche di nudging che hanno realmente portato a miglioramenti dei comportamenti sociali è quello spiegato nel sito del governo statunitense (https://www.choosemyplate.gov/) dedicato all’alimentazione, per il quale Cass Sunstein ha realizzato l’immagine di un piatto contenente le giuste percentuali di nutrienti da assimilare durante il giorno. Il passaggio dalla piramide alimentare al piatto ha semplificato l’accesso degli utenti al sito e la comprensione delle informazioni veicolate.

Altri efficaci esempi di Nudge nei prossimi articoli. Nudge: make it easy

VENERDI’ 13 MENO MALE che ci sei

Nella cultura europea ed americana il numero 13 è visto con riluttanza e molte compagnie aeree sono state costrette, nel corso degli anni, a cancellare la fila e il numero di volo a causa delle proteste dei passeggeri e di alcuni incidenti associati alla cattiva sfortuna.

Nella cultura asiatica il numero incriminato è il 4: in mandarino si pronuncia “sì”, pericolosamente vicino a “shi” che significa morte. Negli alberghi gestiti da cinesi, non ci sono nè il quattro nè il 44° piano. Un ricercatore ha addirittura scoperto che fra i cittadini americani di origine cinese gli attacchi di cuore aumentano fino al 13% il quarto giorno del mese; in California, dove l’influenza cinese è particolarmente importante, si arriva al 27%.

Di contro, l’8 è fortunato (la parola indica un suono simile a ricchezza), questo spiega l’apertura dei giochi di Pechino alle 8:08:08 pomeridiane dell’8.08.08.

Per mitigare l’effetto superstizione, applicare rituali è per il nostro cervello (e la nostra ansia) un antidoto naturale e spesso inconsapevole. La convinzione è che attraverso determinati comportamenti sia possibile manipolare il futuro, nonostante non esista alcuna relazione causale rilevabile fra i rituali e i loro supposti esiti.

Superstizione e rituali sono collegati scientificamente al bisogno umano di controllo: “Se si annulla l’impressione di possedere il controllo, sia gli esseri umani sia gli animali subiscono stress – spiega il prof. Bruce Hood, dell’Università di Bristol – Durante la Guerra del Golfo, nel 1991, nelle aree attaccate dai missili Scud si è verificato un aumento delle credenze superstiziose”.

“Ho la sensazione che le probabilità di essere colpito durante un attacco missilistico sono maggiori se nel rifugio è presente una persona la cui casa è stata colpita”, riferiva un militare israeliano sottoposto a indagine per studiare la correlazione fra superstizione e credenze. Mentre un altro spiegò che era convinto di correre meno rischi di essere ucciso se entrava nel rifugio con il piede destro prima di quello sinistro.

Razionalmente nessuna di queste convinzioni ha senso, ma se sono vantaggiose per il nostro benessere mentale e se i rituali correlati danno l’illusione del controllo, Venerdì 13 ben venga!

IL PIACERE DELLA PAURA

“L’ultimo uomo rimasto sulla Terra siede da solo in una stanza. Qualcuno bussa alla porta”.

Spaventati ? 
o
Divertiti ?

La paura è una emozione interessante e non del tutto spiacevole. Ricordate il gelido brivido lungo la schiena durante la visione di un film dell’orrore o la lettura di un incipit come quello che proposto qui, in apertura (erroneamente attribuito a Stephen King, anzichè a Fredric Brown): un brillante esempio di come usare la suspense nello spazio di un respiro.

Quel brivido è paura e l’essere umano adora essere spaventato.

Per quanto appaia illogico, c’è la biologia alla base della attrazione verso la paura. La paura stimola la secrezione di adrenalina, scatenando il riflesso primordiale del “combatti o fuggi”. Riflesso che a sua volta produce epinefrina, un altro ormone, responsabile della sensazione di piacere estremo.

Il sangue affluisce ad arti e muscoli, privandone il cervello e rendendoci incapaci di pensare lucidamente: la paura è un persuasore molto efficace. Un esempio? L’abuso di psicofarmaci, medicine, detergenti antibatterici e via dicendo. Spesso l’acquisto del prodotto (antidoto) è per il nostro cervello l’unico e veloce modo di liberarsi di quell’emozione.

Pensiamo a ciò che ci spaventa: perdere il lavoro, non riuscire a pagare il mutuo, essere lasciati, la solitudine, non avere amici, non essere all’altezza, ammalarci di cancro, guidare, volare, l’effetto serra, il buio, il virus della mucca pazza, ingrassare, perdere i capelli, il mercurio nel pesce, gli ormoni nella carne, il terremoto, non essere al sicuro, che i nostri figli vengano rapiti, non essere alla moda, non essere sufficientemente intelligenti, essere noiosi, venir dimenticati e chi più ne ha più ne metta…

Molti brand sfruttano (generando e amplificando) queste ed altre innumerevoli paure, quelle che gli antropologi chiamano “paure panoramiche”, spingendoci a comprare ogni sorta di “antidoti”. Avete presente il gel igienizzante per le mani (i cui slogan assicurano di proteggerci dal contagio di qualsiasi germe)?

La spinta all’acquisto l’hanno data la paura di contrarre la SARS (la sindrome respiratoria acuta grave) e l’influenza suina (causata dal virus H1N1), eppure i gel antibatterici non prevengono nè la suina nè la SARS. Entrambi i virus infatti si propagano per via orale (tramite starnuti e tosse delle persone già infette), nonostante questo l’idea di un contagio invisibile e potenzialmente mortale ha scatenato una vera e propria mania per gli antibatterici…

Ben venga dunque la paura e anche se da un lato è utile perchè ci coalizza contro un nemico comune, non dimentichiamo che è allo stesso tempo capace di creare legami in modo perverso quanto piacevole (l’acquisto libera, ricordate, l’ormone della gratificazione…).

Buon spavento a tutti

AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA… O FORSE NO!

Che differenza c’è fra un essere umano e un pollo?

Nessuna, dice la scienza. Almeno in fatto di cibo.

Un pollo che ha già mangiato quanto basta per saziarsi, ricomincia a mangiare se nella gabbia a fianco viene messo un pollo affamato.

Una persona parca nell’alimentazione, mangia molto di più se si trova in un gruppo di buone forchette.

Chi pranza con un altro commensale assume il 35% di cibo in più rispetto a quando è da solo. Quattro persone allo stesso tavolo mangiano il 75% in più; se le persone sono più di sette la percentuale sale a 96%. Allo stesso modo una persona che ama il cibo, tenderà alla moderazione in un gruppo che mangia poco:il comportamento medio del gruppo esercita una notevole influenza.

Questa informazione la conoscono molto bene i pubblicitari che con il loro sottolineare continuamente di un dato prodotto “è il preferito dalla maggioranza” o “sempre più persone” lo consumano… ci spingono a comprare ciò che fa la maggioranza.

Subiamo quindi, come i polli, l’influenza non voluta di altre persone e abbiamo la tendenza a essere condizionati dalle abitudini alimentari di chi ci sta vicino durante i pasti, quali che siano le loro intenzioni.

Le donne nello specifico a un appuntamento galante tendono a mangiare meno, gli uomini di più, convinti che il sesso femminile sia favorevolmente impressionato

Quindi se volete perdere peso, andate a pranzo con un’amica che vanta il peso forma (ma senza divorare di nascosto i suoi avanzi).

SAPER DECIDERE può AIUTARE a SALVARE molte VITE

Vi racconterò una storia. Una storia che parla di uomini e di macchine. E di come un ingegnere salvò il mondo da una apocalisse nucleare, facendo una scelta che nessuna macchina è ancora stata programmata a compiere: lasciar decidere il cuore.

Correva l’anno 1983, si era in piena guerra fredda, e un uomo di cui la maggior parte del mondo non aveva mai sentito parlare, sarebbe diventato il più grande eroe di tutti i tempi.

Era notte il 25 settembre, quando un colonnello di 44 anni della sezione spionaggio militare dei servizi segreti dell’Unione Sovietica giunse al proprio posto di comando al Centro di allerta precoce, da dove coordinava la difesa aerospaziale russa.

Suo compito era analizzare e verificare tutti i dati provenienti da un satellite, in vista di un possibile attacco nucleare americano. Per far ciò, aveva a disposizione un protocollo semplice e chiaro. Tanto più chiaro e semplice in quanto redatto da lui stesso. Dopo appropriati controlli, se positivi, suo compito era allertare il superiore, che avrebbe immediatamente dato inizio ad un massiccio contrattacco nucleare su Stati Uniti e alleati.

Poco dopo mezzanotte, alle 12.14 del 26 settembre del ‘83, tutti i sistemi di allarme scattarono e sugli schermi comparve: “attacco imminente di missile nucleare“.

Un missile era stato lanciato da una delle basi degli Stati Uniti.

L’ufficiale verificò i dati, richiedendo conferma dalla veduta aerea, l’unica che il satellite non aveva potuto confermare a causa delle condizioni atmosferiche. Nonostante le conferme, concluse che doveva essersi verificato un errore: non era logico che gli USA lanciassero un solo missile se davvero stavano attaccando l’Unione Sovietica.
Così ignorò l’avviso, considerandolo un falso allarme.
Poco dopo, però, il sistema mostrò un secondo missile. E poi un terzo.
Dal secondo piano del bunker poteva vedere, nella sala operativa, la grande mappa elettronica degli Stati Uniti con la spia lampeggiante indicante la base militare sulla costa est, da cui erano stati lanciati i missili nucleari.
In quel momento, il sistema indicò un altro attacco. Un quarto missile nucleare e immediatamente un quinto.
In meno di 5 minuti, 5 missili nucleari erano stati lanciati da basi americane contro l’URSS. Il tempo di volo di un missile balistico intercontinentale dagli Stati Uniti era: 20 minuti.

Dopo aver rilevato l’obiettivo, il sistema di allarme doveva passare attraverso 29 livelli di sicurezza per conferma; l’ufficiale cominciava ad avere forti dubbi man mano che venivano superati i vari livelli di sicurezza.
Sapeva che il sistema poteva avere qualche malfunzionamento. Ma poteva l’intero sistema essere in errore, 5 volte?
Il principio di base della strategia della guerra fredda sarebbe stato un massiccio lancio di armi nucleari, una forza travolgente e contemporanea di centinaia di missili, non 5 missili uno a uno. Doveva esserci un errore.
E se invece non fosse così? Se fosse una astuta strategia americana? L’olocausto tanto temuto stava per succedere e lui non faceva niente?

Aveva cinque missili nucleari balistici intercontinentali in viaggio verso l’URSS e solo 10 minuti per prendere la decisione se informare i leader sovietici… Essendo pienamente consapevole che se avesse segnalato ciò che tutti i sistemi stavano confermando, avrebbe scatenato la terza guerra mondiale.

I 120 tra ufficiali e ingegneri militari, aspettavano la sua decisione.
Mai prima nella storia, né dopo, sarebbe stato il destino del mondo nelle mani di un solo uomo come lo fu in quei 10 minuti. Il futuro del mondo dipendeva dalla sua decisione, mentre lottava con sé stesso se premere o meno il “bottone rosso”.
Riflettè: gli americani non sono ancora in possesso di un sistema di difesa missilistico e sanno che un attacco nucleare all’URSS equivale all’annientamento immediato del proprio popolo. E benché diffidi di loro, sa che non sono suicidi.”
Sapendo che se si fosse sbagliato, un’esplosione 250 volte maggiore rispetto a quella di Hiroshima si sarebbe scatenata su di loro su di loro entro pochi minuti, riuscì a mantenere il sangue freddo, e ad avere il coraggio di ascoltare il proprio istinto e di conformarsi alla conclusione logica suggerita dal buonsenso.
E decise di segnalare un malfunzionamento del sistema.
Paralizzati, i 120 uomini al suo comando contarono i minuti che mancavano perché i missili raggiungessero Mosca.
Quando, a pochi secondi dalla fine, le sirene smisero di suonare e le spie di allarme si spensero.

Aveva preso la decisione giusta. E salvato il mondo.

Questo uomo, il tenente colonnello “Stanislaw Petrof” si è trovato di fronte a una scelta. Quella di escludere la razionalità di una macchina a fronte dell’stinto proprio di un essere umano. E ha avuto ragione.

Epilogo
Non fu un epilogo felice quello del tenente colonnello Petrof.
La Russia non potendo permettere che gli Stati Uniti e il popolo russo venissero a conoscenza di quanto successo, ammonirono l’ufficiale per non aver essersi conformato al protocollo e lo trasferirono ad una posizione di gerarchia minore. Poco dopo fu mandato in pensionamento anticipato.
Ha vissuto il resto della sua vita in un modestissimo bilocale alla periferia di Mosca, sopravvivendo con una misera pensione di 200 dollari al mese, in assoluta solitudine e anonimato.
Fino a quando, nel 1998, il suo comandante in capo, Yury Votintsev, presente quella sera, ha rivelato l’accaduto, il cosiddetto “incidente dell’equinozio d’autunno” causato da una rarissima congiunzione astronomica, in un libro di memorie che accidentalmente arrivò fino a Douglas Mattern, Presidente dell’organizzazione internazionale per la pace, “Associazione di cittadini del mondo”.
Dopo aver verificato la veridicità della storia, è andato di persona in cerca di questo eroe sconosciuto, per consegnargli il “Premio Cittadino del Mondo”.
L’unico indizio su dove trovarlo l’aveva avuto da un giornalista russo, che lo aveva avvertito che avrebbe dovuto andare senza un appuntamento perché né il telefono né il campanello funzionavano.
Trovarne traccia in una fila enorme di grigi complessi condominiali a 50 chilometri da Mosca non fu facile.
Uno degli abitanti a cui chiese informazioni rispose: “Lei deve essere pazzo. Se esistesse davvero un uomo che ha ignorato un avviso di attacco nucleare degli Stati Uniti, sarebbe stato giustiziato. A quel tempo non esisteva una cosa come un falso allarme in Unione Sovietica. Il sistema non sbagliava mai. Solo il popolo”.

Al secondo piano di uno degli edifici, riuscì a rintracciare l’ufficiale, che si affacciò, la barba lunga e trasandato. Dopo aver raccontato la storia, quest’uomo vi direbbe: “Non mi considero un eroe; solo un ufficiale che ha compiuto il proprio dovere secondo coscienza in un momento di grande pericolo per l’umanità “. “Ero solo la persona giusta, nel luogo e nel momento giusto.”
Dopo essere venuti a conoscenza di questo evento, esperti di Stati Uniti e Russia hanno calcolato quale sarebbe stata la portata della devastazione in base all’arsenale a loro disposizione al tempo.
E sono arrivati ad un’agghiacciante conclusione: dai tre ai quattro miliardi di persone, direttamente e indirettamente, sono stati salvati dalla decisione presa da quest’uomo quella notte.
“La faccia della terra sarebbe stata sfigurata e il mondo che conosciamo, finito”, ha detto uno degli esperti.

Per questo motivo, in questo periodo storico della decisione basata sul buon senso che ha salvato il mondo, essere consapevoli di come scegliamo, può fare la differenza.

Il GATTO SALE o SCENDE?  SCONSIGLI per gli ACQUISTI

Un uomo entra in un elegante negozio di abbigliamento per acquistare un abito di sartoria e un maglione.

Se tu fossi il commesso quale fra i due articoli mostreresti per primo, per avere un guadagno più alto?

Maglione e Abito?
Abito e Maglione?

La risposta più vantaggiosa è proporre per primo l’oggetto più costoso (l’abito in questo caso).

Perchè?

Per il principio di contrasto: prima l’abito, perchè quando sarà il momento di scegliere il maglione, anche se costoso, il prezzo non sembrerà così alto rispetto la cifra pagata per il vestito.

Inizialmente l’idea di spendere 100 o 150 o addirittura 200 euro per un maglione potrebbe non essere accolta nel migliore dei modi, ma se si è appena acquistato un abito da 1000 – 1500 euro, i 150 euro del maglione non sembreranno più così eccessivi.

Contrariamente al senso comune, i dati confermano la potenza, quando applicata, del principio di contrasto.

“Quando una persona entra in un negozio di abbigliamento con l’intenzione espressa di comprare un abito – spiegano Whitney, Hubin e Murphy nel loro libro The new psychology of persuasion and motivation in selling – quasi sempre spenderà DI PIU’ per qualunque eventuale accessorio, se lo compra DOPO l’acquisto dell’abito che non prima”.

Il principio di contrasto funziona solo se si presenta per il primo il prodotto più caro: se mostrato per ultimo verrebbe percepito molto più dispendioso di quello che in realtà è.

Se ad una festa incontrate una bellissima donna o un bellissimo uomo e poco dopo vi imbattete in una persona dello stesso sesso non molto attraente, quest’ultima sembrerà più brutta di quanto realmente è.

Il principio di contrasto è universale.

Qualche dubbio?

Prendi 3 vaschette e riempine una con acqua fredda, una con acqua tiepida e una con acqua calda. Immergi poi contemporaneamente una mano nell’acqua calda e l’altra nella vaschetta dell’acqua fredda. Quindi immergile entrambe nella vaschetta di mezzo, quella con acqua tiepida.

Cosa senti?

La mano che precedentemente è stata immersa nell’acqua fredda ora percepisce la temperatura ambiente come calda, l’altra fredda. Ma la temperatura della vaschetta di mezzo è sempre tiepida.
Una stessa cosa può essere fatta sembrare diversa a seconda dell’evento che l’ha preceduta.

Potente e silenzioso questo effetto, o no? La prossima volta che entrerai in un negozio, quale articolo ti farai mostrare per primo se vuoi essere tu a decidere?