Come RICONOSCERE il CAREWASHING (e l’OFFICE PEACOCKING) sul LAVORO
“Puoi anche mettere il rossetto a un maiale, ma resta sempre un maiale“. Forse una delle migliori espressioni proverbiali per spiegare cosa si intende per carewashing. Pratica che consiste nell’abbellire qualcosa in superficie, mentre la vera sostanza resta poco attraente e, in questo caso, anche maleodorante. E a cui ricorrono diverse realtà aziendali.
Troppe organizzazioni con culture non sostenibili credono (o vogliono far credere) che sia sufficiente offrire ai collaboratori corsi di mindfulness, yoga, massaggi terapeutici o benefit per la salute, senza realmente affrontare i problemi e i disagi dichiarati, per attirare consensi e talenti. In realtà, stanno semplicemente facendo carewashing.
Come il termine più noto greenwashing, carewashing deriva da whitewashing: coprire o dare un’immagine fuorviante al mancato rispetto di un impegno, di una dichiarazione o di uno standard.
CAREWASHING VS OFFICE PEACOCKING
Il carewashing è molto simile all’office peacocking (pavoneggiamento in ufficio), la tattica messa in atto dalle aziende che cercano di riattirare i dipendenti in ufficio (riducendo lo smart working). Il termine si riferisce al deliberato rifacimento degli spazi degli uffici in contesti invitanti che invoglino i collaboratori a trascorrervi più tempo, attraverso, ad esempio, l’installazione di comodi divani, angoli accoglienti, luce naturale e piante che trasformano l’ufficio in un ambiente vivace. Alcune aziende stanno anche investendo in decorazioni di lusso e cucine rifornitissime.
La differenza (sottile) è che il carewashing enfatizza i benefici per la salute mentale per invogliare i dipendenti a tornare in ufficio, quando in realtà i datori di lavoro non si preoccupavano affatto se i collaboratori utilizzeranno o meno i servizi offerti.
Non sono poche le aziende che vantano programmi per il benessere ma non monitorano l’impegno o i risultati. Se un’organizzazione non ha modo di misurare i risultati sulla salute nel tempo, per determinare se i programmi offerti funzionano davvero, probabilmente non è veramente interessata al benessere e alla salute dei dipendenti.
I tempi cambiano e per rimanere attraenti, le aziende si devono adeguare o quanto meno interrogarsi. Oltre ai benefit, i dipendenti vogliono manager con cui poter parlare, orari di lavoro flessibili, carichi di lavoro ragionevoli e servizi di salute mentale e benessere di cui possano effettivamente usufruire. E non aziende che offrono corsi di yoga aspettandosi come contropartita che tutti si presentino al lavoro allegri e produttivi.
COME AVVIENE IL CAREWASHING
Ci sono alcune motivazioni che spiegano lo scollamento tra ciò che un’organizzazione dice di voler fare e ciò che effettivamente fa in merito alla cultura dell’ambiente di lavoro.
LEADER MAL EQUIPAGGIATI. Il carewashing, involontario o inconsapevole, si verifica quando i leader non hanno la volontà o le competenze per affrontare i problemi di cultura organizzativa esistenti.
MANCANZA DI FOLLOW-UP. Il carewashing si verifica quando le aziende, per far fronte alle sfide immediate di assunzione e retention, dichiarano di dare priorità al benessere dei dipendenti, ma non riescono a garantire che i manager abbiano le competenze e le risorse per realizzare tali impegni.
INTERESSE PERSONALE. Le organizzazioni e i loro leader si trovano a volte di fronte al dilemma fra affrontare i comportamenti problematici e rischiare un danno alla reputazione, oppure di proteggerla ignorando o nascondendo il problema. Un’altra (e una delle più gravi) forme di carewashing si verifica quando i leader che fingono di preoccuparsi del benessere e della sicurezza dei dipendenti ignorano le denunce di molestie sul posto di lavoro e banalizzano il danno subito.
COSA FARE PER FERMARE IL CAREWASHING
Crea consapevolezza e normalizza le conversazioni sulla salute mentale.
Monitora il benessere e i risultati dei programmi esistenti. Raccogli regolarmente i feedback dai dipendenti sulle loro esigenze di sicurezza e benessere dei collaboratori e sull’efficacia dei programmi esistenti e usa questi dati per apportare miglioramenti informati.
Forma i manager. Fornisci ai manager le competenze per riconoscere i segnali di disagio e malessere e fornire supporto. Mostra loro come creare un ambiente aperto in cui le persone si sentano al sicuro.
Semplifica l’accesso ai servizi. Fai in modo che i servizi siano facilmente accessibili e senza procedure macchinose. Riservatezza e facilità d’uso sono cruciali.
Sii chi dici di essere. Cura l’allineamento tra impegni e capacità. Seleziona un numero limitato di impegni relativi al benessere e alla sicurezza che sai di poter rispettare in un determinato periodo di tempo e assicurati che l’attuazione sia all’altezza della comunicazione. Sii trasparente e riconosci i punti deboli.
Fai domande e sii pronti ad ascoltare davvero. Potresti ricevere feedback negativi e scomodi. Per questo motivo, è necessario salvaguardarne l’integrità. Non è raro che, di fronte a risultati negativi, questi vengano alterati perché “la direzione ha bisogno di fare bella figura”, innescando il malumore dei dipendenti che non hanno visto rispecchiate le loro risposte o preoccupazioni. Impegnati a condividere il percorso di miglioramento continuo con gli stakeholder e a coinvolgere i dipendenti nel processo di co-creazione.
Allinea i criteri di leadership ai valori organizzativi. Le organizzazioni che si concentrano esclusivamente sui profitti a breve termine possono basare la selezione dei leader su competenze come il carisma, l’estroversione, la capacità di influenzare gli altri, l’orientamento agli obiettivi, la capacità di prendere decisioni difficili e l’elevata tolleranza al rischio, ignorando le capacità interpersonali. Per creare un ambiente di lavoro sicuro e salutare, le organizzazioni dovrebbero verificare la presenza di valori e competenze basati sulle persone (empatia, capacità di ascolto, apertura verso gli altri, attenzione) e di comportamenti etici al momento dell’assunzione e della promozione; valutare le prestazioni in base a criteri che vadano oltre i risultati superficiali e a breve termine; implementare (nei fatti, non solo a parole) politiche e procedure che riconoscano e affrontino i segnali di allarme nei comportamenti dei leader.
Sii consapevole. I leader senior che vogliono evitare il carewashing devono avere la saggezza e l’umiltà di ammettere di non avere tutte le risposte, di essere disposti a essere vulnerabili e di mostrare curiosità e una mentalità di apprendimento. Non riconoscere l’impatto della cultura emotiva sulla produttività dei dipendenti è una caratteristica centrale del carewashing.
In una vera cultura del caring, i leader creano un senso di fiducia che consente ai dipendenti di condividere le proprie difficoltà, esigenze e aspirazioni in un ambiente sicuro. L’uso di affermazioni non comprovate sul benessere dei dipendenti come strumento di marketing è una soluzione rapida che avrà conseguenze negative a lungo termine. Ma trovare il coraggio di affrontare la cultura emotiva come una realtà condivisa dal team, dove la cura è un fatto piuttosto che una finzione, aiuterà i leader a creare in modo sostenibile organizzazioni che attraggono, motivano e trattengono i migliori talenti.
E infine… Oggi i social media rendono più facile smascherare le aziende che applicano il carewashing. Le recensioni negative su piattaforme come Glassdoor e LinkedIn possono rapidamente rovinare l’immagine di un’azienda; quando i dipendenti criticano pubblicamente il datore di lavoro per un supporto inadeguato alla salute e al benessere, questo può fortemente scoraggiare potenziali talenti e clienti.