PER AVERE UN SUPER CERVELLO BASTANO POCHI SPICCIOLI
Si chiama Neuroenhancement (potenziamento cognitivo), e permette di aumentare le prestazioni, rimanere svegli e concentrati giorno e notte nonché migliorare, assumendo farmaci o stimolatori cranici, le capacità di memoria senza sentire fatica.
In America non è insolito vedere gente ai concerti che indossa il Thync: un triangolino di plastica grande quanto il palmo di una mano, da applicare sulla tempia: serve per cambiare l’umore a comando. Induce uno stato di calma o di energia, basta scegliere lo stato desiderato dall’app sul telefonino. Inventato dallo scienziato Jamie Tyler, è uno stimolatore che manda impulsi elettrici di bassa intensità ai nervi cranici; in teoria si dovrebbe sentire un’onda di energia (o calma) invadere cervello e muscoli, ma non a tutti fa lo stesso effetto.
Brain Control è invece un drone capace di ascoltare l’attività elettrica del cervello e muoversi di conseguenza. Nasce per aiutare le persone giunte a stadi avanzati di sclerosi laterale amiotrofica e sclerosi multipla ad affrontare la sindrome di “locked-in”, l’imprigionamento nel corpo di una mente ancora attiva (famoso il caso di Jean-Dominique Bauby, autore del libro autobiografico “Lo Scafandro e la Farfalla”). Brain Control percepisce gli stimoli cerebrali e li comunica all’esterno, oltre a compiere le azioni che il paziente pensa e vorrebbe fare. Detto in altri termini: legge nelle loro menti.
Foc.us, è invece stato creato per aiutare chi soffre di deficit di attenzione. Bastano 300 dollari per farsi spedire a casa l’oggetto, che aumenta le performance cognitive. Lo usano i nerd, gli hacker e i game addicted, cioè gli appassionati di videogame: è un cerotto che, messo sulla fronte, rilascia una scossa elettrica sfruttando quella che in medicina viene definita stimolazione transcranica con correnti dirette. All’apparenza è simile agli elettro-stimolatori per i muscoli: quelli rassodavano la pancia, mentre Foc.us tonifica il cervello – forse. Anche qui i risultati non sono univoci.
In persone lente nel calcolo numerico e nei test logici porta a un lieve miglioramento. Tuttavia non si sa quali siano gli effetti a lungo termine, non sappiamo se è pericoloso. Questa è un’altra delle maggiori preoccupazioni a cui al momento non è ancora possibile dare risposta.
NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA
Un confine delicato, spiega Suzanne Corkin, docente al MIT, nel libro “Prigioniero del presente”. Qui la Corkin racconta il suo rapporto con Henry Molaison, ventisettenne del Connecticut che nel 1953 viene sottoposto a un intervento sperimentale di “psicochirurgia” per combattere una forte epilessia. La malattia si attenua, ma Henry perde la capacità di trattenere qualsiasi ricordo per più di 30 secondi. La Corkin si occupa di questo caso per più di cinquant’anni e nel suo libro, quasi un’autobiografia, emerge la consapevolezza che sperimentare sul cervello significa interferire con l’Io e con l’identità delle persone.
Economicamente il settore porterà lontano, se si considera che l’American Psychological Association l’ha definita un’industria da un miliardo di dollari soltanto negli Stati Uniti.
SMART DRUGS
Un altro potenziatore cognitivo è rappresentato dalle smart drugs: farmaci come Ritalin e Modafinil vengono utilizzati da più del 10 per cento degli studenti per migliorare le performance scolastiche (agiscono sui neurotrasmettitori, sostanze che trasportano le informazioni da un neurone all’altro).
In Italia i ricercatori dell’Università di Modena, hanno condotto uno studio per capire la propensione all’uso di Cognitive Enhancer in studenti di medicina. L’86,8 per cento dei giovani ha fatto uso di stimolatori cognitivi almeno una volta nella vita. La stragrande maggioranza, però, ricorre a sostanze naturali, caffè per restare svegli e studiare la notte (73 per cento), bevande energetiche o a base di caffeina. Solo 7 studenti (meno del 2 per cento) fa uso di amfetamina e nootropi (smart drugs). Metà degli studenti ha sentito parlare dell’utilizzo di psicostimolanti come potenziatori cognitivi, ma oltre l’83 per cento non li assume perché pensa che siano dannosi per la salute.
Alla domanda “Assumeresti una sostanza legale che migliora le prestazioni cognitive senza effetti collaterali?”. Il 60,3 per cento dei futuri medici ha risposto sì, per far fronte a stress da studio o perché ha scarsa considerazione della propria capacità cognitiva.
Un ampio dibattito è tuttora in corso a livello internazionale sull’utilizzo di queste sostanze, tra chi sostiene che, a patto che se ne faccia un uso responsabile, non ci sia nulla di male (sostanze stimolanti come la caffeina vengono utilizzate nella nostra vita quotidiana senza troppi problemi), e chi invece mette in guarda dalle possibili implicazioni etiche.
La fantascienza si sta facendo realtà!