PERDERSI per RITROVARSI. Il SOLLIEVO che vale la pena SPERIMENTARE. Di tanto in tanto.
Avete mai sperimentato il piacere di perdere, volutamente, qualcosa? L’evento extra cool, l’inaugurazione di un locale, la sfilata, la presentazione dell’ultimo iPhone, informazioni e notizie…
Se poi, nel sottrarvi avete anche provato sollievo, benvenuti nel club del ROMO, relief of missing out, ovvero il sollievo di perdere qualcosa.
Dopo la FOMO, fear of missing out, la paura di perdersi qualcosa (una trappola tutt’altro che ottimale per la sopravvivenza, che ci spinge a esagerare, che si tratti di cibo, eventi o informazioni), è arrivata la ROMO.
Un po’ come avviene con le grandi abbuffate, la necessità di fare a meno di ciò che ci ha appesantito, saturato, forzato è una necessità. Non è nuovo il detto “il troppo stroppia”.
Questo perché la maggior parte del desiderio odierno è disinformato, non necessario. Non a caso, la FOMO aumenta con le opzioni disponibili. Un’incontrollabile corsa sulla ruota del criceto di desideri disinformati che si nascondono dietro la prossima novità.
Le cerchiamo come un predatore cerca una preda nascosta nella giungla. Ma non richiede sforzo: è semplicemente in agguato. E noi, siamo bravi a farci catturare.
Ho sperimentato la prima volta, questo tipo di sollievo, qualche anno fa. Quando per otto giorni ho preso parte a un campo di sopravvivenza. Qui, ho imparato a fare a meno non solo di vestiti, cibo e un letto comodo dove riposare ma anche del telefono e della continua connessione con il mondo. Non è stato facile, ma alla fine, più che della mancanza di informazioni, ho patito la fame e la scomodità. Scoprendo anche che nessuna delle notizie che mi ero persa ha inciso sulla mia vita privata e professionale.
ROMO: questa sconosciuta
Se dunque la FOMO è la necessità di non perdersi nulla, la ROMO solleva dal sentirsi obbligati a essere informati su tutto.
Al proposito, ricercatori britannici e americani specializzati nell’analisi dei Media hanno cercato di comprendere meglio questo fenomeno e di individuare i motivi per cui le persone evitano di leggere le notizie.
Al termine di una serie di interviste approfondite, gli esperti hanno constatato che, al di là di una semplice mancanza di interesse, c’era la volontà di proteggersi da informazioni ansiogene: “Le persone che abbiamo intervistato ritengono che queste informazioni generino non solo paura, ma anche sentimenti di incertezza e mancanza di controllo”, come si legge nell’articolo pubblicato sulla rivista Political Communication.
Come una vera e propria strategia di evitamento, ROMO invita necessariamente alla disconnessione dato che le principali fonti di informazione oggi sono digitali. Ci concediamo quindi più momenti di vita che non dipendono dall’uso degli schermi dei nostri computer, dello smartphone o della TV, al fine di tagliarci fuori dal mondo quando il contesto è troppo pesante o morboso. Soprattutto, è un modo per adottare l’approccio opposto al doomscrolling, la fastidiosa abitudine che consiste nello scorrere compulsivamente i feed di notizie sui social network.
JOMO vs ROMO
Al di fuori della sfera digitale, si parla anche di JOMO: joy of missing out, gioia di perdere qualcosa. Acronimo che bene illustra la gioia di perdersi un evento, a favore di un momento per sé stessi.
Il termine sembrerebbe nascere nel 2011 dallo scrittore Anil Dash che, quando nacque suo figlio, trascorse molto tempo a casa utilizzando sempre meno telefono e tv, quasi disconnesso. Questo gli ha permesso di godersi le proprie attività, prendersi del tempo per sé stesso e il figlio senza sentire nessuna mancanza di ciò che accadeva all’esterno e, anzi, provare una certa gioia nel ritrovare consapevolezza del proprio tempo per dedicarsi alle cose importanti.
Che si tratti di notizie o eventi, perdersi può insegnarci molto di noi stessi e regalarci sorprese inaspettate. Secondo me vale la pena provarci. E voi, cosa ne pensate?