QUAL E’ IL GENITORE IDEALE?

Qual è il genitore ideale?

Posto che ci sia un unico modello funzionale, è difficile non tormentarsi nel confronto, leggendo Massimo Recalcati.

Un tempo c’era il padre padrone, quello dall’io imperante, impossibile da assoggettare. Oggi c’è quello empatico, l’amico per antonomasia. Forse più disastroso ancora, se ci si confronta con la realtà.

Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie!”.

Difficile non ripensare a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, con la figura del padre, in primo piano, che giganteggia, strepita, burbero e amorevole, le sfuriate improvvise poiché “non sapeva controllare il timbro della voce”, nei corridoi del laboratorio dove lavorava, e per le strade, mentre esprimeva il suo pensiero.

Dal genitore che faceva timore, si è passati al genitore amico, dove “il figlio assomiglia sempre più a un principe al quale la famiglia offre i suoi innumerevoli servizi (…), con il rischio che i figli rivendichino la stessa dignità simbolica dei loro genitori”, scrive lo psicanalista Recalcati.

Molto spesso empatizzare con i figli significa convincerli, imporre loro la propria visione del mondo: “il dono più alto della genitorialità sta nel riconoscere la differenza del figlio, la sua incomprensibilità, il suo segreto”. Per fare questo bisogna avere fiducia nel desiderio del figlio, lasciare che questo si rafforzi. I legami che durano nel tempo si fondano sulla incomprensibilità: io amo mio figlio, non perché mi assomiglia, ma perché lo vedo diverso da me.

L’educazione non è imporre al figlio il rispetto esteriore delle regole. Incamminarsi su una strada imposta dai genitori provoca infelicità nei figli. La parola del padre un tempo chiudeva i discorsi, ora ha perso potere. Prima i figli avevano il dubbio se i genitori li amassero abbastanza, ora il paradigma si è rovesciato: sono i genitori a non sapere se i figli li amano abbastanza. È il figlio a dettare legge alla famiglia con i suoi drammi.

Per dirla alla Recalcati “ciascun genitore è chiamato a educare i figli, solo a partire dalla propria insufficienza, esponendosi al rischio dell’errore e del fallimento. Per questo i migliori non sono quelli che si offrono ai loro figli come esemplari, ma come consapevoli del carattere impossibile del loro mestiere”.

Da mediatore famigliare, mi scontro con le realtà più diverse, impossibile non aprire un dibattimento fra il prima e l’adesso. Per questo è difficile non essere in sintonia con Camus quando diceva che “l’assurdo nasce dal confronto tra la domanda dell’uomo e l’irragionevole silenzio del mondo”.