SLASH WORKERS: perche’ dicono NO al modello SINGOLA PROFESSIONE, SINGOLO DATORE di LAVORO

Ho sempre avuto la propensione a lavorare su più fronti, immergermi in contesti apparentemente antitetici e distanti, un po’ per sconfiggere la noia, un po’ per soddisfare sia la mia parte razionale sia la creativa.

Mi sono divisa, nel corso degli anni, fra un lavoro in un reparto ospedaliero ad alta complessità e quello di giornalista; ho insegnato neuroscienze in università e al contempo scrivevo racconti; ancor oggi saltello fra consulenza, ricerca, divulgazione e one to one. Mix eclettico che mi realizza e mi tiene sul pezzo.

Mentirei se negassi che più di qualcuno, nel tempo, mi ha richiamato all’ordine. A 50 anni suonati, è facile pensare che io non abbia ancora capito cosa voglio fare da grande. In realtà lo so benissimo, ma vai a spiegare che il mio modo di vivere non è un trend, una questione umorale, ma il risultato di analisi, prove ed errori che hanno portato a una scelta consapevole.

SLASH WORKER: E’ SOLO UN TREND?

Ed è su questo che voglio spendere qualche parola: sui trend, sulle mode del momento. La propensione che hanno i fenomeni di modificarsi, mantenendo la propria crescita o decrescita costante nel tempo. Nello specifico, ho recentemente scoperto di essere sempre stata una slash worker: persone che volontariamente ignorano il modello “singola professione, singolo datore di lavoro”. Quando questo termine ancora non esisteva e neanche sui trend si perdevano troppe parole.

Difficile pensare che questo fenomeno sia etichettabile come un banale trend. Perché, piaccia o meno, il lavoro ha molto a che fare con la felicità. E se cambiare marcia, provare professioni diverse e applicare e apprendere un set di competenze più ampio permette di stare bene, stare meglio, con sé stessi e con gli altri, non dovrebbe limitarsi a una moda passeggera.

Anche perché, facendo un confronto con il lavoratore tradizionale, se un lavoro si interrompe, questo si ritrova dall’oggi al domani senza lavoro, lo slash worker ha più opzioni su cui contare e probabilmente avrà un rischio minore di disoccupazione.

DAL CV AL PORTFOGLIO

Il CV rappresenta chi siamo: una visione lineare di lavori e responsabilità e un elenco di aziende per cui si è lavorato o il ruolo che si è ricoperto. L’attenzione è rivolta alla creazione di un caso per la durata e la qualità dell’esperienza professionale.

Il curriculum dello slash worker è il portfoglio: una visione olistica dei risultati. L’obiettivo è raccontare una storia avvincente e coerente sulle capacità professionali, non periodi, utilizzando aneddoti, dati, referral, lavoro prodotto e risultati raggiunti. Ciò che era un dato di fatto circoscritto nei campi creativi, si sta ampliando a tutte le professioni. Il KPI si sta spostando da “per chi hai lavorato” a “cosa hai fatto“.

MODELLO: DALLE 8 ALLE 5

Se il modello tradizionale prevede di timbrare entrata e uscita, le prestazioni sono strettamente legate al tempo trascorso sul posto di lavoro e si baratta la libertà personale per una retribuzione prevedibile, nell’economia Slash Worker, i contratti si concentrano sui risultati, non sul tempo trascorso. Le persone si impegnano a produrre una specifica quantità di lavoro in un periodo di tempo concordato di comune accordo, con una maggiore gestione della libertà professionale a fronte del potenziale di un lavoro futuro meno prevedibile. Anche se, è giusto sottolinearlo, dribblare fra più attività, può limitare e non di poco il tempo libero. La cosa importante è negoziare bene con sé stessi cosa è prioritario: lavoro, soldi, carriera, successo, tempo libero, famiglia…

SPIRITO IMPRENDITORIALE

Un’altra differenza è che il lavoratore dipendente è parte dell’organizzazione e, nella maggior parte dei ruoli, non gli è richiesto di essere anche un imprenditore, perché è l’azienda ad occuparsene. Oltre al fatto che molte attività sono delegabili, per esempio il back office, segreteria, logistica, ecc.

Per lo Slash Worker, la carriera è di per sé un’azienda, che ha il suo marchio, posizionamento, fasi, struttura legale e clienti. E dividendosi fra molte realtà organizzative, non solo una, il lavoro amministrativo si accumula, così tutte quelle incombenze non sempre economicamente delegabili. Senza contare che ogni cliente vuole essere trattato come unico, non vuole aspettare e saperti diviso fra molti altri. E qui entra il gioco la capacità negoziale e di consapevolezza dei propri limiti e spazi.

UN LAVORO PER LA PASSIONE E UNO PER LA PAGNOTTA

Guardando a posteriori, ciò che più di ogni altra cosa mi ha spinto a optare per più lavori, è stato il bisogno di alimentare la mia passione per la scrittura e la divulgazione. Ai tempi, non mi avrebbe consentito di guadagnare in modo sufficiente. Così dividersi fra più attività mi ha concesso tempo, analisi, sgravandomi dal peso dell’urgenza. E la passione non si è appassita dietro incombenze non necessarie.

C’è chi, infatti, per seguire la propria passione, un esempio fra tanti, per la musica, conscio che “la musica non ti fa guadagnare soldi” (quindi suonare in una band è considerata una perdita di tempo), pur di perseguire ciò che ama è disposto a pagare per questo. Dividendosi fra un lavoro più tradizionale e sicuro fino a quando non raggiunge la giusta maturità per fare il salto o dedicarsi alla passione in altro modo, come insegnare in una scuola.

Forse, almeno i più tradizionalisti, storceranno il naso di fronte alla mania dello slash life ma, la società sta diventando sempre più diversificata e proiettata verso l’autorealizzazione. E affidarsi al lavoro e al denaro per acquisire un maggior senso di autostima, funziona poco o per breve tempo. Meglio è, almeno in taluni casi, praticare una filosofia carpe diem e creare le proprie identità.

Cosa ne pensate? Qual è il vostro sogno infranto e se poteste tornare indietro cambiereste le vostre scelte?