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PERCHÉ alcuni raggiungono il SUCCESSO DOPO un FALLIMENTO e altri continuano a FALLIRE?

Ci sono persone il cui successo è iniziato con un fallimento: Henry Ford fallì prima di fondare la Ford Motor Company; Thomas Edison testò migliaia di materiali prima di creare la lampadina a filamento di carbonio; J.K. Rowling ricevette dodici rifiuti prima che venisse pubblicato il primo libro di Harry Potter.

Esempi stimolanti, senza dubbio. Ma che non raccontano (bene) tutta la storia. Soprattutto non spiegano come queste persone abbiano avuto successo, mentre molte altre no.

A porsi l’interrogativo, Dashun Wang, docente di management e organizzazioni alla Kellogg School, nonché direttore del Center for Science of Science and Innovation (CSSI): “Se capissimo questo processo, potremmo prevedere chi diventerà un vincitore, anche con alle spalle diversi fallimenti“.

In un articolo pubblicato nel numero del 150 ° anniversario di Nature, Wang ha sviluppato un modello matematico per individuare ciò che separa coloro che hanno successo da coloro che semplicemente provano e riprovano senza arrivare a niente.

Wang ha scoperto che il successo si riduce all’imparare dai propri errori precedenti, ad esempio, continuare a migliorare le parti di un’invenzione che non funzionano piuttosto che eliminarle, o riconoscere quali parti, di una domanda di sovvenzione respinta, mantenere e quali riscrivere.

Ma non è semplicemente che coloro che imparano di più dai diversi fallimenti hanno maggiori probabilità di vittoria. Piuttosto, c’è un punto di svolta critico. Se la tua capacità di costruire sui tuoi tentativi precedenti è al di sopra di una certa soglia, prima o poi avrai successo. Ma se è anche solo poco al di sotto di quella soglia, potresti essere condannato a continuare a sfornare un fallimento dopo l’altro per l’eternità.

Le persone che si trovano da entrambe le parti della soglia potrebbero essere esattamente lo stesso tipo di persone“, afferma Wang, “ma avranno due risultati molto diversi“.

Grazie a questa intuizione, i ricercatori sono in grado di #prevedere il successo a lungo termine di un individuo con solo una piccola quantità di informazioni sui suoi tentativi iniziali.

MISURAZIONE DEL SUCCESSO

Un crescente corpo di ricerca supporta l’idea che una battuta d’arresto all’inizio della carriera spesso prepara gli scienziati per un successo futuro.

Tuttavia, come dimostrano le storie di Ford, Edison e Rowling, la strada per il successo di solito comporta più di un singolo insuccesso. “Non si fallisce una volta sola“, dice Wang. “Si fallisce più e più volte“. E mentre questa litania di fallimenti può migliorare la situazione degli Edison del mondo, sembra ostacolare quella di molte altre persone.

Per capirne il motivo, Wang aveva bisogno di molte informazioni sul processo di caduta, risalita e di nuovi tentativi.

Si è rivolto a tre enormi gruppi di dati, ciascuno contenente informazioni su tipologie molto diverse di fallimenti e successi: 776.721 domande di sovvenzione presentate ai National Institutes of Health (NIH) tra il 1985 e il 2015; il database della National Venture Capital Association contenente tutte le 58.111 startup che hanno ricevuto finanziamenti di capitale dal 1970 al 2016; il Global Terrorism Database, che include 170.350 attacchi tra il 1970 e il 2016.

Queste fonti hanno permesso di monitorare gruppi e individui mentre tentavano ripetutamente nel tempo di raggiungere un obiettivo: ottenere finanziamenti, far sì che la propria azienda venisse acquisita a prezzi elevati o, nel caso di organizzazioni terroristiche, eseguire un attacco con almeno una vittima.

I tre domini “non potevano essere più diversi” – afferma Wang – “ma per quanto diversi possano sembrare, la cosa interessante è che tutti finiscono per mostrare modelli molto simili e prevedibili“.

COSA FA DI UNA PERSONA UN VINCENTE: FORTUNA O APPRENDIMENTO?

Dati alla mano, il team ha iniziato a pensare al successo e al fallimento al livello più semplice. Il successo, hanno teorizzato, deve essere il risultato di uno di due fenomeni di base: #fortuna o #apprendimento. Le persone che hanno successo in un dato ambito migliorano costantemente nel tempo, oppure sono beneficiarie del caso. Quindi i ricercatori hanno testato entrambe le teorie.

Se le vittorie sono principalmente il risultato del caso – ha pensato il team – tutti i tentativi hanno la stessa probabilità di successo o fallimento, proprio come nel lancio di una moneta, dove ciò che è successo prima non influenza molto ciò che succede dopo. Ciò significa che il centesimo tentativo di una persona non avrà più successo del primo, poiché gli individui non migliorano sistematicamente.

Quindi i ricercatori hanno esaminato il primo e il penultimo tentativo (quello appena prima di una vittoria) per ogni aspirante scienziato, imprenditore e terrorista nel loro set di dati. Per misurare il miglioramento (o la sua mancanza) nel tempo, i ricercatori hanno esaminato i cambiamenti nel modo in cui venivano valutate le domande di sovvenzione degli scienziati, l’importo dei finanziamenti ricevuti dalle startup e il numero di individui feriti negli attacchi terroristici.

L’analisi ha rivelato che la teoria del caso non regge. In tutti e tre i set di dati, il penultimo tentativo di un individuo tendeva ad avere una probabilità di successo più alta rispetto al suo primissimo tentativo.

Eppure, le persone non imparavano nel modo in cui i ricercatori si aspettavano. L’idea classica della curva di apprendimento dice che più fai qualcosa, più aumenta la tua competenza. Quindi, se tutti nel set di dati imparassero in modo affidabile dai loro fallimenti precedenti, le loro probabilità di successo dovrebbero aumentare drasticamente a ogni nuovo tentativo, portando a serie di fallimenti di breve durata prima del successo.

I dati hanno rivelato serie molto più lunghe di quanto previsto.

Sebbene le tue prestazioni migliorino nel tempo, continui a fallire più di quanto ci aspetteremmo“, spiega Wang. “Ciò suggerisce che sei bloccato da qualche parte, che stai provando ma non stai facendo progressi“.

In altre parole, nessuna delle due teorie poteva spiegare le dinamiche alla base dei ripetuti fallimenti. Quindi i ricercatori hanno deciso di costruire un modello che ne tenesse conto.

UN PREDITTORE DI SUCCESSO

Questo modello presuppone che ogni tentativo abbia diverse componenti, come le sezioni introduzione e budget di una proposta di sovvenzione, ad esempio, o la posizione e le tattiche utilizzate in un attacco terroristico. È importante notare che, anche se un tentativo fallisce nel complesso, alcune delle sue componenti potrebbero comunque essere state valide. Quando si organizza un nuovo tentativo, un individuo deve scegliere, per ogni componente, se cominciar tutto da capo o migliorare una versione di un tentativo precedente (fallito).

Una persona valuta i componenti dei propri tentativi passati in base al feedback ricevuto da altri (per le persone nell’analisi di Wang, il feedback potrebbe provenire dall’NIH, dai capitalisti di rischio o dai piani alti di un’organizzazione terroristica).

Ma il modello riconosce che alcune persone imparano dai loro tentativi falliti più di altre, e coloro che imparano di più incorporano più componenti dei loro tentativi falliti nei loro tentativi successivi.

Da un lato, gli studenti peggiori incorporano zero informazioni dai loro tentativi precedenti, partendo da zero su ogni componente ogni volta. Dall’altro lato, ci sono gli studenti migliori, che considerano tutti i loro fallimenti passati a ogni nuovo tentativo. La maggior parte delle persone si colloca da qualche parte tra questi due estremi.

Mentre gli studenti migliori probabilmente raggiungeranno il successo rapidamente, prevede il modello, gli studenti peggiori hanno scarse possibilità di successo: poiché non imparano mai nulla, si limitano a cercare nuove versioni, sprecando tempo prezioso ricominciando da capo più e più volte.

I ricercatori hanno testato questo modello con i loro dati, utilizzando il tempo medio tra i tentativi come indicatore della capacità di apprendimento di un individuo (poiché gli studenti più bravi partiranno da zero con meno componenti, il che consentirà loro di produrre nuove iterazioni più rapidamente).

Ciò che hanno scoperto è stata una sorprendente relazione tra apprendimento e vittoria finale. Non è che ogni unità di apprendimento aggiuntiva abbia aumentato le probabilità di successo in modo equo. Piuttosto, c’è una soglia di apprendimento singolare che separa i successi finali dal resto.

Wang paragona questa soglia alla transizione tra acqua e ghiaccio. “Immaginate di passare da -5 a -4 gradi Celsius. Non succede nulla. Il ghiaccio rimane ghiaccio“. Ma nel momento in cui la temperatura raggiunge un punto particolare, inizia a sciogliersi.

Allo stesso modo, se la capacità di apprendimento è al di sotto della soglia, è come se quella persona non stesse imparando nulla. Potrebbe migliorare nel tempo, ma non conserverà mai abbastanza componenti buone per produrre un successo. Mentre coloro che sono oltre la soglia dovrebbero disporre di abbastanza lezioni per garantire il successo. Producono nuove iterazioni sempre più velocemente nel tempo, finché alla fine ne hanno una di successo.

In termini pratici questo significa che non è necessario imparare da tutte le esperienze passate per avere successo. Ma c’è un numero minimo di fallimenti da cui devi imparare. Sebbene non sia facilmente quantificabile, i ricercatori hanno individuato la soglia per le sovvenzioni NIH a 3.

IL MODO IN CUI FALLISCI DETERMINA SE AVRAI SUCCESSO

La ricerca respinge l’idea comune secondo cui il successo sia frutto del puro caso e getta nuova luce su ciò che realmente serve per diventare un vincitore.

Semplicemente provare e riprovare, non è sufficiente. I dati mostrano che gli individui al di sotto della soglia di apprendimento hanno fatto tanti tentativi quanti quelli al di sopra, e probabilmente hanno lavorato anche di più, poiché hanno insistito nell’apportare modifiche ai loro tentativi precedenti perfettamente validi. Ma è stato infruttuoso, poiché non hanno incorporato i tentativi passati.

Per Wang, la lezione è chiara: le persone dovrebbero dare molta importanza al feedback e alle lezioni apprese attraverso i fallimenti. Ma solo se si riesce a incorporare le informazioni in nuovi tentativi, confermando il mantra della Silicon Valley secondo cui “fallire meglio” è la chiave del successo.

Lo studio dissipa anche parte del mistero dietro chi ha successo e chi no. I ricercatori hanno scoperto che la capacità di apprendimento di un dato imprenditore, scienziato o terrorista può essere individuata semplicemente misurando la quantità di tempo che passa tra i loro primi tentativi. Di conseguenza, il loro modello è stato in grado di prevedere con precisione quali imprenditori, scienziati e terroristi avrebbero avuto successo molto prima che effettivamente lo avessero.

Thomas Edison disse: le persone rinunciano perché non sanno quanto sono vicine al successo”, spiega Wang. “Con questo modello ora lo sappiamo. Perché se abbiamo dati su come si fallisce, abbiamo un’idea migliore di dove si sta andando“.

(NON) è SOLO una COINCIDENZA

Ci sono coincidenze che possono cambiare la vita. Come quella di pensare a un amico che non si incontra da tempo e ricevere una sua telefonata nello stesso tempo in cui lo si pensa. O quella che porta i giocatori d’azzardo a interpretare come significativa una sequenza di numeri alla roulette. In realtà ogni volta che esce un colore, al giro di ruota successivo la possibilità che la pallina cada sul rosso o sul nero è sempre del 50 per cento.

Allo stesso modo dovremmo imparare a tener conto di tutte le volte che abbiamo pensato a un amico e le volte che quell’amico ci ha telefonato all’istante. Ci accorgeremmo presto che la correlazione è statisticamente irrilevante.

Eppure, la tentazione ad attribuire un significato più grande a un’esperienza è profondamente umana. Perché ci aiuta a riempire di senso un mistero sottile e invisibile che rende più sopportabili le nostre sofferenze e ansie.

Questo spiega il successo delle religioni, o dei guru di passaggio, dei santoni più simili a falsi mercanti. In fondo quando leggiamo un libro o guardiamo un film siamo consci che non è la realtà, ma questo non ci preclude il coinvolgimento.

Non a caso le persone che credono nelle coincidenze, nei complotti e nei fenomeni paranormali sono, a detta della scienza, meno portate al ragionamento probabilistico e alla statistica (Università di Bristol, Goldsmiths, e University of London). Di fatto la maggior parte di noi è impreparata a valutare la probabilità degli eventi, per questo quando l’amico dimenticato chiama tendiamo a dargli un significato sproporzionato.

Prendiamo un altro esempio: il paradosso del compleanno. Quante persone devono entrare in una stanza affinchè statisticamente ce ne siano almeno due nate nello stesso giorno dello stesso mese? Sono statisticamente sufficienti 23 persone per avere una probabilità superiore al 50 per cento di trovarne due. Per una probabilità del 99,9 per cento ne bastano 70.

COSA CI DICE TUTTO QUESTO?

Siamo molto bravi ad attribuire un senso grandissimo a eventi con una probabilità eccezionalmente bassa di verificarsi, ma non così improbabili come pensiamo. O meglio, potrebbero anche esserlo ma in un pianeta di 7 miliardi di persone, anche gli eventi più improbabili si fanno relativamente comuni.

A dimostrarlo la legge dei grandi numeri secondo cui un grande campione statistico alla fine porta sostanzialmente a qualsiasi risultato. Molte sono le persone che sono sopravvissute a una calamità naturale anche più volte, o che hanno vinto alla lotteria più di una volta.

Nonostante la spiegazione matematica non lasci dubbi, in molti non si rassegnano a non credere al caso. Anche perché supportare le coincidenze può fare ricchi molti. Se non occorre la scientificità a dimostrare un evento, una guarigione, un episodio, tutti diventiamo bravi e necessari in qualcosa.

CORRELAZIONE VS CAUSALITA’

Finché però il discorso è legato alle scie chimiche, i danni che ne derivano sono marginali, tutt’altra cosa quando si tenta di associazione l’aumento dei casi di autismo all’aumento dei numeri di vaccini somministrati – spiega David Hand, statistico e professore di matematica all’Imperial college di Londra -. L’autismo spesso di manifesta nello stesso periodo in cui sono effettuate le vaccinazioni, ma confondere la correlazione con la causalità, credere alle coincidenze può portare a prendere decisioni non sulla base di prove concrete ma di mezze teorie pseudoscientifiche”.

Non saper dire esattamente perché certi eventi accadono, non vuol dire che abbiano un significato. Sta a noi riempire il vuoto che i misteri della vita ci lasciano.

Se mentre mio fratello muore annegato a migliaia di chilometri di distanza, nello stesso istante anch’io mi sono sentito soffocare posso sapere che fra le due cose non c’è collegamento. Ma se lascio vagare il pensiero, magari scoprirò un nuovo modo di piangere la sua morte.

La nostra debolezza è quella di voler cercare a tutti costi un significato per ogni accadimento. Per trovare un punto di incontro fra mente e spirito. Un amico che ci chiama nell’istate stesso che lo pensiamo è solo un telefono che squilla, finché non decido che è qualcos’altro.

Ps. Non è un caso se di coincidenze ne vengano segnalate a migliaia e se volete sbizzarrirvi vi invito a visitare Cambridge Coincidences Collection, pagina creata da David Speigelharter (università di Cambridge).