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Le TRAPPOLE dei LEADER e della LEADERSHIP

Il potere ha un impatto non indifferente sulle persone, poiché ne cambia le percezioni, il giudizio e il comportamento. Non solo in coloro che lo detengono ma anche in coloro che stanno intorno, collaboratori, amici e colleghi.

Quando si ricopre una posizione di comando, infatti, non si è più visti come individui bensì come simbolo di autorità. Ed è facile che se ne sopravvalutino le idee, si tenda a dare feedback meno onesti e accurati, a essere meno disposti a parlare, a fidarsi e ad assumersi dei rischi, così come chiudere un occhio sulle eventuali cattive condotte. O si ripongano aspettative irrealistiche su ciò che il leader può realizzare o, al contrario, considerarlo con scetticismo, per vedere se è degno del nuovo status.

Il risultato?

Il modo in cui le persone reagiscono al potere, modella il leader in modi di cui non è facile rendersi conto. Senza la consapevolezza di questa dinamica, è facile cadere nelle trappole che il potere crea, minando la capacità di fare ciò che è giusto per l’organizzazione. Gli studi dimostrano che quando i leader usano male il loro potere, la motivazione dei collaboratori e delle persone loro vicine diminuisce, così come la loro intenzione di dare il massimo contributo all’organizzazione.

Per questo è importante evidenziare le trappole che possono mettere a rischio i leader a tutti i livelli: più a lungo si ricopre un ruolo apicale, più potenzialmente estreme – e pericolose – possono diventare le trappole. Sebbene non sia possibile controllare il modo in cui le persone reagiscono, è possibile però controllare il nostro comportamento e impiegare strategie per mitigare le conseguenze negative.

LA TRAPPOLA DEL SALVATORE

Si manifesta con la tendenza a dare una moltitudine di consigli, spesso non richiesti, avere tutte le risposte ed essere eccessivamente disponibili. Questo può spingere il leader a identificarsi in una sorta di salvatore, annientando il team. O ancora, dire la propria su ogni cosa, anche su questioni che non rientrano nella sua area di competenza. I sintomi della trappola del salvatore includono il tentativo di risolvere i problemi di tutti, la microgestione di progetti o prodotti e l’offerta di suggerimenti che non sono necessari o che esulano dalle proprie competenze.

Perché è un problema?

Quando si è presi dal salvare gli altri, si ha un’eccessiva fiducia nelle proprie capacità (overconfidence bias). Il bisogno di essere utili o di controllare rende il leader più a rischio di fallimento. Inoltre, limita la capacità e la motivazione dei collaboratori a contribuire o sviluppare nuove idee, fino a sentirsi sempre meno autonomi e responsabili.

Per evitare la trappola del potere:

·      Prima di proporre soluzioni e risposte, abituati a porre domande.

·      Sii onesto con te stesso. Quante delle idee e dei suggerimenti che condividi in riunione vengono effettivamente attuati? Chiedi ai colleghi di valutare anonimamente l’utilità dei tuoi suggerimenti.

·      Quando gli altri sono competenti ma cauti su un obiettivo o un compito, ascolta attivamente le loro preoccupazioni e facilita la soluzione dei problemi.

LA TRAPPOLA DELL’AUTOCOMPIACIMENTO

In un ruolo di responsabilità, volenti o nolenti, si diventa spesso l’esperto elettivo, quello che ha le risposte. A differenza della trappola del salvatore, questa trappola corrisponde a un calo della curiosità. Poiché si pensa di sapere tutto, si fanno meno domande, si presume di aver capito il problema e non si sollecitano ulteriori informazioni, si considera il silenzio come consenso e si presume che ci sia vero accordo e non compiacenza.

Cadere nella trappola dell’autocompiacimento significa non arrivare alla verità perché non si è cercato di approfondire la discussione. Non ci si è chiesti: “Mi sto perdendo qualcosa?” o “Cosa potrei aver trascurato?”. Quando qualcuno viene a chiedervi aiuto, gli date la risposta invece di chiedere: “Cosa avete provato?” o “Quale pensate sia il problema?”.

Perché è un problema?

L’autocompiacimento rischia di farci perdere le informazioni e i dati necessari per prendere buone decisioni. Inoltre, non si è nelle condizioni di aiutare il team a sviluppare il pensiero critico e diventare autosufficienti nella risoluzione di problemi.

Per superare la trappola dell’autocompiacimento:

·      Sviluppa una pratica di indagine che metta in luce le ipotesi, i valori e le convinzioni insite nella discussione. Chiedi: “Quali ipotesi stiamo facendo?”. “Cosa non abbiamo ancora chiesto?”. “Cosa potrebbero vedere uno stakeholder esterno, un competitor o un cliente che non abbiamo ancora considerato?”.

·      Usa la tecnica dei “cinque perché” nelle discussioni. Quando qualcuno pone una domanda o solleva un problema, chiedi “perché” fino a quando non avrete individuato la causa principale o il livello più profondo del problema.

·      Condividi in modo proattivo ciò che stai imparando, in modo che l’autocompiacimento non diventi mai un’abitudine e che l’apprendimento continuo diventi un valore.

·      Sii presente. La compiacenza può essere un sintomo di distrazione, il risultato del multitasking e della disattenzione. Stacca il telefono quando parli con qualcuno. Se sei in riunione, fai domande. In questo modo aumenterai la presenza e la curiosità e, di conseguenza, dimostrerai agli altri che ciò che dicono e hanno da offrire è importante.

LA TRAPPOLA DELL’EVITAMENTO

Una posizione di potere consente di prendere scorciatoie. Se da un lato offre maggiore autonomia, possibilità di scelta e opportunità, dall’altro permette di evitare compiti spiacevoli affidandoli ad altri o, quando possibile, evitandoli del tutto. Come, ad esempio, non affrontare una conversazione difficile o dare un feedback severo, o un conflitto che si sta incancrenendo all’interno del team.

Perché questo è un problema?

Evitare le parti spiacevoli e difficili del ruolo può alleggerire il carico nel breve termine, ma finisce per indebolire la capacità di fare da soli. Un leader che sceglie i propri compiti trasmette il messaggio che rendere conto del ruolo è facoltativo. Viene visto come inaffidabile e la mancanza di affidabilità è nota per diminuire la fiducia e nell’organizzazione che lo consente.

Per evitare la trappola dell’evitamento e orientarsi verso le sfide:

·      Chiediti: “Quali sono i doveri del mio ruolo? Cosa richiede? È il mio lavoro? Devo farlo?”.

·      Chiediti: “Qual è il costo dell’inazione per me stesso, gli altri, il team e l’azienda?”. “Se non affronti il problema, quali potrebbero essere le conseguenze?”.Stai dando al team esempi che ti costeranno nel lungo termine?”. “Stai riducendo o aumentando il tuo carico di lavoro evitando il problema?”.

·      Cambia mentalità, passando da una in cui lo stress è debilitante a una in cui lo stress è positivo. Il modo in cui percepisci la sfida influenza il grado di stress connesso alla sfida stessa. Sviluppando una mentalità secondo cui lo stress è benefico per affrontare situazioni difficili ti renderà un leader più forte, sarai meno incline a evitare compiti spiacevoli.

·      Tendiamo ad evitare le cose per le quali ci sentiamo inadeguati. Fai un elenco dei compiti richiesti dal ruolo che preferisci evitare o su cui tendi a procrastinare. Fatti aiutare da un mentor per esaminare la lista, identificando le competenze necessarie per affrontarli.

LA TRAPPOLA DELL’AMICO

Il potere può essere scomodo e i leader che faticano a far proprio il ruolo possono cadere, con i propri collaboratori, nella trappola dell’amico: ossia comportarsi come un pari quando non lo si è.

Tali leader fanno eccessivo affidamento sul loro potere personale e rinunciano al potere posizionale, nel tentativo di essere apprezzati e minimizzare la loro autorità. Lo vediamo quando qualcuno viene promosso e si trova a dover gestire un ex collega. Il nuovo leader può avere difficoltà a responsabilizzare le persone o a prendere decisioni. Può anche condividere informazioni riservate o fare favoritismi: tutte cose che seminano confusione e caos.

Perché è un problema?

L’abuso di potere è tanto un atto di omissione (non fare la cosa giusta) quanto un atto di commissione (fare qualcosa di sbagliato). Quando i leader non incarnano il potere della loro posizione, le persone che li circondano non sanno cosa ci si aspetta da loro, il che compromette la loro capacità di concentrarsi ed eseguire. Inoltre, il fatto di non intervenire in ciò che richiede la propria autorità lascia un vuoto che spesso viene riempito dalla persona più dominante del team, non necessariamente la più competente, con conseguenti tensioni e conflitti.

Per navigare nella trappola dell’amico:

·      Prendi nota del motivo per cui sei stato promosso; molto probabilmente hai le competenze per adempiere agli obblighi del ruolo. Fai un elenco delle ragioni per cui sei la persona giusta e appendilo in un posto a te accessibile.

·      Fai pace con il potere. Sappiamo che molte persone non si sentono a proprio agio con il potere a causa di tutti i modi in cui lo hanno visto usato male. Pensa alle persone che usano il potere in modo efficace. “Che cosa li rende efficaci?”; “Ci sono comportamenti che potresti mettere in pratica anche tu?”.

·      Fai un inventario dei tuoi punti di forza e di come puoi sfruttarli per il ruolo. Quando dai per scontato i tuoi poteri personali, è facile che li userai in modo casuale invece che deliberato. Qualsiasi punto di forza, anche la cordialità, può diventare un ostacolo, se usato in modo eccessivo.

·      Stabilisci esplicitamente le nuove relazioni e responsabilità con il team. Prendi in considerazione l’utilizzo di un quadro decisionale per progetti specifici. Le discussioni intenzionali eliminano i dubbi su come utilizzare il nuovo potere.

LA TRAPPOLA DELLO STRESS

La leadership è intrinsecamente stressante e i leader sono sottoposti a enormi pressioni per ottenere risultati. I rapidi cambiamenti tecnologici e la volatilità del mercato creano incertezza e instabilità costanti. Molti leader sono anche schiacciati tra i dipendenti e l’alta dirigenza, destreggiandosi tra scadenze e risultati, tagli al budget e turnover.

Lo stress non gestito è deleterio, non solo per il leader che lo subisce, ma anche per chi gli sta accanto. Se si inviano e-mail nel cuore della notte, si risponde in modo sgarbato alle richieste o si esegue una microgestione per ansia, si crea uno “stress di seconda mano”, trasmettendo il proprio stato emotivo agli altri. Tutto ciò è amplificato dalla lente del tuo potere. A tutti è concesso di avere una giornata storta, ma quando sei il capo, potresti pensare di essere solo un po’ scontroso; per i collaboratori, invece, potrebbe essere molto di più.

Perché è un problema?

Per evitare di trovarsi sulla linea di tiro, i collaboratori diretti potrebbero minimizzare le cattive notizie o non dire quando le cose non vanno bene finché non è troppo tardi. Le persone non riescono a pensare in modo chiaro e creativo in un’atmosfera di sovraccarico.

Per navigare in questa trappola:

· Riconosci di essere sotto stress quando lo sei e i comportamenti e i segnali disfunzionali o poco strategici che metti in atto

. Sviluppa attività per gestire lo stress: mindfulness, tecniche di respirazione o di rilassamento, terapia cognitivo-comportamentale o altri approcci.

·      Riduci e gestisci lo stress migliorando le routine quotidiane. Fai pause tra una riunione e l’altra, esercizio fisico, mangia correttamente e prevedi piccole pause.

·      Lo stress è inevitabile, quindi, per esempio, rimanda la scrittura di un’e-mail difficile o la risposta a una richiesta impegnativa fino a quando non avrai avuto il tempo di riflettere, di parlarne con qualcuno, fare una passeggiata, ecc.

CONCLUDENDO

Le trappole sono evitabili e mitigabili, ma trattandosi di un terreno scivoloso è comunque facile cadervi. Se sei fortunato da ricevere un feedback che ti dice che sei intrappolato in una di queste dinamiche di potere o ti accorgi di dipendere eccessivamente da una posizione di comfort che il ruolo ti offre, fanne buon uso e correggi il tiro!

Poiché quando rafforzi il modo in cui eserciti la tua leadership, dai potere a chi ti circonda e crei ambienti generativi e risultati migliori per l’organizzazione.

PS. hai riconosciuto la trappola in cui tendi a cadere più facilmente?

CARRIERA E FAMIGLIA: la DELICATA POTENZA dell’EQUILIBRIO

“Non sono una #workaholic come la maggior parte delle donne partner di questo studio, voglio avere presto un figlio, rincasare a orari normali, e non consumarmi in estenuanti gare a chi è l’ultimo a lasciare l’ufficio in virtù di un autoinganno, la rincorsa al potere che una volta che si raggiunge si frantuma in una lotta a sentirsi indispensabili abnegando se stessi”.

Se non fosse per gli anni di esperienza che mi porto addosso, avrei sicuramente portato sul personale questa conversazione. Ho respirato a fondo, invece, cercando di supportare la giovane manager nel modo più efficace che conoscevo. Pur sapendo che quel tema non si sarebbe esaurito nel corso di una sola chiacchierata.

“Ho visto il mio capo, donna, arrivare ad abdicare i propri valori. Accettare compromessi inimmaginabili, affinare l’arte della manipolazione, per il bene comune. Ma qual è il bene comune? Quello dello studio, della società o di se stessi?”.

Il potere cambia. E’ giusto sia cosi. Non è corruzione, piuttosto una nuova sicurezza e consapevolezza che si esplicita anche attraverso segni esteriori, grazie ai quali imporsi con maggior vigore.

Spesso – rifletto – le donne lo dimenticano: l’abbigliamento elegante non è vanità, sul luogo di lavoro è segno distintivo e di potere. Gli uomini lo sanno, con i loro completi perfetti. Le donne sentono di dover giustificare sempre qualcosa.

La consapevolezza di sé, è lo specchio di una abilità acquisita: il controllo di ciò che si è conquistato. Conquista che spesso presuppone un costo: centellinare la vita privata, come si fa con i dolci sotto dieta. Una dieta che però può trasformarsi in una dipendenza.

“Ha messo la carriera in cima alle sue priorità a discapito di tutti gli altri aspetti della sua vita. È triste, quasi inquietante, vederla ogni volta compromettere la sua vita privata. Il lavoro le è costato tantissimo: il matrimonio, il rapporto con il figlio. E’ una delle più brave professioniste nel suo campo, ma per diventarlo ha perso tutto ciò di cui aveva di più caro. Non voglio vivere la medesima solitudine, con le amiche più care a rincorrere l’agone della famiglia”.

Ascoltando la giovane manager, comprendo altrettanto bene il suo capo: due donne agli estremi, in comune la medesima battaglia. La difesa di valori personali e antitetici. Due facce della stessa medaglia. Ognuna con il proprio significato svelato, di cosa è veramente importante per il raggiungimento della (rispettiva) felicità.

Valori difficili da condividere, soprattutto con gli uomini che si sa, non sono soliti far sconti quando si tratta di sesso debole, più propensi a sfoderare un sordo antagonismo. Ma se poi la donna arriva a gestire il potere, sono proprio le altre donne ad aiutarla a ritrovare dentro di sé le doti tipiche di genere e a reimparare ad usarle, facendo spesso da leva per imporre sul lavoro un codice più visionario per lo sviluppo di un’organizazione più moderna e flessibile.

Il segreto, difficile ma necessario, confido alla giovane donna poco prima di salutarci, è trovare l’equilibrio fra doti maschili e femminili, fra valori e desideri, ricalibrandoli giorno dopo giorno nel rispetto di ciò che è più importante per se stessi.

L’autoinganno della disponibilità, dove vogliamo tutto in ogni momento e pensiamo di raggiungere tutto in qualsiasi istante, la famiglia perfetta, la relazione perfetta, i figli perfetti e il lavoro perfetto, è una delle trappole più audaci e perseveranti, alla quale cediamo. Miraggio o peccato universale? Guardare ma non toccare. Il biglietto omaggio per la vanità.