VOGLIO e NON VOGLIO. L’INDECISIONE può farsi VIRTU’

Amore e odio. Felicità e tristezza. Paura e desiderio. Attrazione e repulsione. Rabbia e dolcezza.

Quante volte li viviamo entrambi, nello stesso tempo… Si chiama #ambivalenza questo altalenare di sentimenti, parte della vita, dai tempi di Cicerone, quando scriveva “Ama come se più tardi dovessi odiare”, e chissà quanti altri ancora, prima di lui.

Ci si sente “tirati” da due parti contrapposte, non a caso è insito nell’etimo (ambi = entrambi e valentia = forza), e non accade solo in amore: possiamo provare contemporaneamente paura e desiderio di buttarci con il paracadute, o attrazione e avversione (specie se siamo a dieta) nei confronti di una sacher torte.

Possiamo sentirci allettati e respinti da un’offerta di lavoro, da sembrare interessante quanto faticosa e piena di insidia. E possiamo nutrire sentimenti ambivalenti per un partito politico, un personaggio famoso, una squadra sportiva. O verso l’idea di iscriverci in piscina o in palestra (mi farebbe bene! Nuotare è noiosissimo!).

Quando ci troviamo di fronte a qualcosa che ci attrae e ci respinge, di solito esitiamo, i nostri comportamenti diventano più contraddittori e meno prevedibili. Per districarci ci tocca cimentarci in un salto di ragionamento. Un pensare al modo in cui stiamo pensando, arrivando a scrivere, su una scala da 1 a 10, quanto vale la nostra attrazione e quanto la nostra repulsione.

In pratica quando siamo lontani, le componenti attraenti sembrano più forti, e dunque ci avviciniamo. Ma più siamo vicini, più le componenti respingenti diventano visibili e tornano a prevalere. Così ci allontaniamo di nuovo. Questo scomodo andirivieni può ripetersi molte volte.

L’ambivalenza genera ansia e incertezza. Proprio per questo, quando ci troviamo ad affrontare un grande tema controverso tendiamo a non prendere in considerazione le argomentazioni di chi non la pensa come noi: interpretiamo male i fatti, ragioniamo in maniera sbrigativa e in base a pregiudizi la cui fondatezza evitiamo di verificare. Oppure rimuoviamo del tutto la questione.

L’ambivalenza ha uno scopo, dimostra una ricerca dell’Università di Stanford: coltivare deliberatamente l’ambivalenza nei confronti di un obiettivo che non siamo certi di raggiungere ci aiuta a consolarci più in fretta di un eventuale fallimento. Ma in caso di successo sminuisce il valore del risultato ottenuto. In parole semplici anche l’ambivalenza può avere conseguenze ambivalenti.

In tutta franchezza, le situazioni ambivalenti ci obbligano a sviluppare una più profonda comprensione della realtà, delle alternative possibili e di noi stessi.

Per uscirne la strategia è dare ascolto al proprio corpo. Immedesimarsi il più profondamente possibile nelle alternative e vedere come si sta. Poi, decidere di conseguenza.